sabato 4 maggio 2013

OMOSESSUALITA' E UCCISIONE DEL PADRE, TRA FREUD E LACAN

Pubblichiamo l'articolo, a firma di Andrea Galli, uscito su "L'Avvenire" il 10.4.2013 come recensione al libro IL PADRE DOV'ERA. "Lo psicanalista Giancarlo Ricci esamina le ragioni della legittimazione della cultura gay e smonta gli argomenti interni alla teoria sul «genere»: chiamando a testimoni i fondatori (laici) della psicoanalisi".

In Francia ha colpito la trasversalità della protesta contro il progetto di legge sui matrimoni gay sponsorizzato dal presidente Hollande, che ha visto insieme non solo laici e cattolici, ma pure esponenti della comunità islamica ed ebraica. Anche il gran rabbino di Francia Gilles Bernheim, com’è noto, ha firmato un lungo e documentato testo contro il tentativo di «far saltare le fondamenta della società, per rendere possibili tutte le forme di unione, finalmente libere da una moralità ancestrale, e per far così definitivamente sparire la nozione stessa di differenza sessuale». 
In Italia si aggiunge a questo coro eclettico la voce di uno psicanalista di vaglia, Giancarlo Ricci, studioso di Freud e membro dell’Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi, con un libro appena pubblicato da Sugarco, Il padre dov’era: le omosessualità nella psicanalisi (pagine 208, euro 16,50).
L’intento di Ricci è quello di sfrondare il discorso da toni e argomentazioni considerati ideologici – l’egualitarismo, la lotta contro la discriminazione e l’omofobia, su cui si appoggiano sia le teorie del genere che l’“omosessualismo” militante – e postulati fittizi: per quanto riguarda le teorie di genere, il fatto che l’individuo abbia la possibilità di scegliere, sconfessando i dati della natura, tra identità maschile e femminile o gradazioni intermedie; per l’omosessualità la posizione secondo cui, in linea con una mentalità scientista che enfatizza la dimensione biologica e pende per un determinismo genetico, «omosessuali si nasce, non si

 diventa». A questo proposito l’autore cita un commento lapidario di Sigmund Freud nel saggio Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci: «Bisogna dire, purtroppo, che i portavoce scientifici degli omosessuali non hanno saputo imparare nulla da quanto la psicoanalisi ha accertato con sicuro fondamento ». 

Ricci è d’accordo e rivendica appunto le capacità della psicanalisi, più che della semplice psicologia, nell’addentrarsi fra i meandri della questione. E spiega che «l’omosessualità, per coloro che si rivolgono a un terapeuta, risulta quasi sempre una ferita; o meglio uno dei tanti modi con cui un soggetto cerca di porre rimedio a una ferita. Spesso alcuni pazienti parlano della scomoda fatica di “recitare una parte” o di dover “indossare una maschera”. La partita è doppia: verso se stessi e verso gli altri». Per l’autore dietro l’omosessualità nelle sue varie declinazioni si cela spesso un disagio che riguarda la parte più intima dell’uomo, il quale, come osservava sempre Freud, è l’unico essere che nasce due volte alla sessualità: una volta in senso biologico, come maschio o femmina, una seconda volta diventando uomo o donna, in un delicato processo di soggettivizzazione psichica che la psicanalisi chiama sessuazione.
Secondo la letteratura psicanalitica, centrale nel fenomeno omosessuale è il tentativo di rimuovere la presenza del padre. Questa necessità del “parricidio” sarebbe anche il motivo per cui la normalizzazione della condizione omosessuale è diventato il primo punto nell’agenda dei nuovi “diritti civili”, dal momento che si inserisce in un fenomeno culturale di più ampia portata. «Pochi si sono accorti – spiega Ricci – che un eventuale trionfo della teoria del genere comporta un attacco al padre, in nome per esempio di quello che viene chiamato, dal femminismo radicale americano, il “potere del patriarcato” inteso come quel sistema che sostenendo la differenza tra i sessi perpetra una violenza contro le donne. In breve: eliminiamo l’istanza del padre e tutto sarà permesso, la legge del godimento diventerà un godimento senza legge, uguale per tutti, distribuibile senza limiti e restrizioni ». L’esito di questa detronizzazione del padre è alla fine devastante. E a riconoscerlo, ancora una volta, non è stato un esponente del cosiddetto “patriarcalismo cattolico”, ma un nume della psicanalisi post-freudiana come Jacques Lacan, che richiamava il mito dell’orda primitiva descritta da Freud in Totem e tabù, in cui l’uccisione del padre primigenio attuata dai figli consentiva loro di fondare una società dei fratelli basata sull’uguaglianza del senso di colpa. Una società che sarebbe diventata il regno – commentava Lacan condensando le parole frère e ferocité – della frèrocité, ossia della ferocia tra fratelli».

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