venerdì 28 febbraio 2014

UTERI IN AFFITTO di Giancarlo Ricci


 Pubblichiamo l'intervista "Comprare un figlio non rende madri", 
a cura Viviana Daloiso a G. Ricci, 
uscita su l'Avvenire il 27.2.14


Secondo Giancarlo Ricci le possibilità offerte dalle biotecnologie illudono le donne su ciò che mai potrà essere cambiato: 
"Un figlio non si ottiene, si genera".

Fare di tutto per avere un figlio. Non per generarlo, non per prendersene la responsabilità in vece di qualcun altro, come avviene nel caso dell’adozione, in cui entra in gioco una maternità tutta diversa, ma pur sempre degna di questo nome. No, con le biotecnologie un figlio si crea. Il prodotto si compra e si vende. Si importa ed esporta. A piacimento.

Lo psicanalista Giancarlo Ricci, autore del libro "Il padre dov’era. Le omosessualità nella psicoanalisi" (Sugarco), usa parole forti in merito alla vicenda milanese dell’utero in affitto, «che ci interroga con forza e prima di tutto sullo statuto del figlio». Perché se padre e madre sono «semplici acquirenti, o addirittura non esistono più, come vorrebbe l’ideologia di genere che mira alla sostituzione dei termini con genitore 1 e genitore 2, allora che fine fa il figlio? Che significato ha questa parola, prima che dal punto di vista giuridico, da quello simbolico e antropologico?». Scompare. «E d’altronde – spiega Ricci – nel ragionamento di una madre che per sentirsi tale, per realizzare il suo desiderio di maternità, paga quella di un’altra donna, il valore, e il valore sacro del figlio, non ha alcuna importanza. È il diritto a un figlio che la anima, che la spinge, che la accieca. Quel diritto assurdo che mai, dall’antichità ad oggi, è esistito in alcun codice. E per cui dal punto di vista sociale e mediatico quella donna viene trasformata persino in una vittima, come se questa condizione offrisse a lei più diritti che a qualcun altro».
Il punto è che la vera vittima è quel figlio comprato, «quel figlio divorato dall’incidenza delle biotecnologie e destinato ad essere divorato anche in futuro, da una madre che si qualifica come tale solo per aver coronato l’ossessione di ottenere ciò che voleva per se stessa». Tutt’altro rispetto a come si forma e si sviluppa – lentamente e con fatica fisica – la maternità nell’interiorità di una donna.
E ancora, vittima è quella madre “rimossa”, quella donna ucraina che per qualche migliaio di euro ha offerto il proprio corpo come culla per un figlio che, non importa il conto finale, le è stato portato via: «Premetto che questa pratica mi ricorda molto quella della prostituzione – continua Ricci –: in quel caso si paga per un atto sessuale, abusando della condizione drammatica di una donna spesso fragile e costretta. Qui si paga per un figlio, abusando della stessa condizione». È poi stridente il confronto tra queste due donne, «tra la madre reale e il suo fantasma. Dal punto di vista psicoanalitico – spiega Ricci – è infatti frequente l’incubo della donna in gravidanza relativo a un’altra donna pronta a portarle via il figlio, a rubarglielo. Nel caso dell’utero in affitto è come se la biotecnologia realizzasse quell’incubo e materializzasse nella realtà questo fantasma». Così si finisce per rubare (dietro pagamento, s’intende) il figlio di qualcun altro, «come se ottenerlo a quel modo potesse supplire alla mancanza ontologica della condizione di madre». 

mercoledì 19 febbraio 2014

PADRE, MADRE, FIGLIO intervista a Giancarlo Ricci

Pubblichiamo alcuni passi dell'intervista di Benedetta Frigerio 
a Giancarlo Ricci, uscita su TEMPI il 16.2.14
Per leggere l'intervista completa vai a:



Il 33 per cento dei giovani italiani, tra i 18 ai 30 anni, rispondendo alle domande del questionario dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha risposto che il loro punto di riferimento primario è la madre. La ricerca, presentata in occasione del XIII Congresso della Cei per la pastorale giovanile, mette al secondo posto i ragazzi che si affidano agli amici (26 per cento), al terzo quelli che confidano nei partner (14). Mentre solo il 9 per cento pensa che la figura di riferimento sia il padre. Per lo psicanalista Giancarlo Ricci, autore del libro Il padre dov’era, lo spaccato che emerge è «più allarmante di quanto sembri: oggi la figura del padre è venuta meno e di conseguenza anche quella della madre e del figlio. Senza padri che siano tali, i figli non imparano la strada per raggiungere il massimo a cui ogni essere umano aspira. Non a caso, siamo pieni di giovani stanchi che si accontentano di soddisfare compulsivamente voglie parziali». Con un esito terribile: «Il godimento senza limiti ci porta alla morte».

Ricci, da dove nasce questo attaccamento prevalente alla madre?
  Dall’imbroglio del femminismo: per sfuggire ai famosi padri padroni, anziché cercare il vero volto del padre, lo si è cancellato. Nella nostra epoca si assiste infatti a un indebolimento crescente della figura paterna. Non è un assenza solo fisica, ma della natura maschile svilita e quindi incapace di porre dei limiti, innanzitutto al rapporto tra il figlio e la madre altrimenti simbiotico: questa la funzione normativa necessaria nella struttura di sviluppo edipica del bambino. Per descrivere cosa intendo uso la figura sapienziale dell’Eden in cui Dio, padre buono, dice ai suoi figli: «Potete mangiare tutti i frutti tranne uno». Non perché quell’albero abbia le mele più buone ma perché se la creatura cerca di farsi creatore, se non dipende da ciò per cui è fatta, si snatura e si fa del male. Allo stesso modo senza limiti paterni che vietino la simbiosi, il rapporto madre e figlio diventa incestuso. Il bambino sarà dipendente da lei e, ricattato, sarà incapace di allontanarsi da chi lo ha cresciuto per riempire il suo vuoto. Un figlio così crescerà incapace di amare un’altra donna. Ecco l’omosessualità dilagante. Pasolini in una poesia intitolata “Supplica a mia madre” scrisse: «Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:/è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia./ Sei insostituibile. Per questo è dannata/ alla solitudine la vita che mi hai dato./ E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame/d’amore, dell’amore di corpi senza anima».

Questa assenza di limiti quali conseguenze patologiche genera? 
      Il godimento mortifero compulsivo, come la dipendenza dalla droga, dal cibo, dal sesso e dalla pornografia. Se nella vita psichica oltre al piacere non si accetta il dispiacere, la frustrazione e l’attesa si cerca di soddisfare tutto subito. Ma, siccome non è possibile appagare il desiderio umano in un istante, si finisce per accontentarsi di qualcosa che non basta. Si pensi alla pornografia. È facilissimo trovare giovani depressi e demotivati che cercano una soluzione immediata nella pornografia. Mi dicono: «Qualsiasi fantasia mi venga la inseguo: mi metto in chat e il mio desiderio si realizza subito, ma poi mi sento a terra e vorrei sprofondare in un abisso». Evitano il rapporto più faticoso, ma veramente appagante, con una donna reale. Ma i danni sono anche civili: dalla riduzione del desiderio sessuale ai soli atti sessuali dipende anche la mancanza di bellezza e creatività che si riscontrano nella nostra società. Non sappiamo più costruire cattedrali, comporre musica, dipingere opere d’arte perché non sublimiamo più la sessualità con ogni attività. 


Cosa pensa di quello che potrebbe accadere se fosse legalizzata l’adozione da parte di coppie dello steso sesso?

L’assenza del padre che guarda al figlio come maschio capace di guidare e proteggere e della madre che guarda la figlia come femmina capace di accogliere, toglie al bambino la possibilità di avere un’identità precisa e limitata. Ecco perché abbiamo gente sempre più fragile, con poco amor proprio, con una bassa stima di sé, incapace di accettare rimproveri, fatiche e quindi di ottenere risultati appaganti. I sentimenti amorevoli non bastano a crescere figli sani.


Sostituire il padre e la madre con l’espressione "genitore 1" e "genitore 2" che conseguenze comporta?

Il padre come simbolo di tradizione, autorità e discendenza è sempre stato centrale nella nostra civiltà. Noi portiamo il nome del padre a fianco del nostro. Il diritto romano, perno dell’edificio della grande civiltà europea, è tutto incentrato sulla figura paterna. Ecco perché le nuove ideologie nate dal rifiuto dal padre, come quella femminista e quella del gender che da essa discende, cercano di smantellare il diritto romano. La conseguenza è la dittatura del desiderio senza limiti e dagli effetti mortiferi che sono sotto gli occhi di tutti.