venerdì 10 maggio 2013

IL "DISTURBO" DELL'OMOSESSUALITA' di Giancarlo Ricci


Introduciamo, in modo schematico, alcuni criteri che a grandi linee situano le differenti omosessualità. E’ indispensabile - in primo luogo - situare il discorso entro cui si trova ciascun soggetto: in pratica situare la struttura psichica, storica, soggettiva entro cui per un soggetto la questione dell’omosessualità prende consistenza e forma. 

Nella clinica analitica, secondo una lunga tradizione consolidata anche nella letteratura psichiatrica, tre sono le principali strutture psichiche: nevrosi, psicosi, perversioni. Impossibile qui soffermarci a definire il funzionamento e le implicazioni di ciascuno di questi discorsi. La logica promossa e praticata da ampi settori istituzionali, giuridici, psichiatrici, mediatici si ispira ad una visione del tutto empirica e pragmaticista:  non interessano le motivazioni soggettive, le vicende psicologiche, psichiche o inconsce che possono essere alla base dell’omosessualità o le varie forme di disorientamento sessuale, ma solo i risultati, le scelte effettive, oggettuali e oggettivabili, riscontrabili nel comportamento degli individui. Il principio è quello di mettere a tacere la complessità, di neutralizzare la soggettività per occuparsi solo dei suoi comportamenti. 
Per esempio un soggetto può raccontare di desiderare di incontrare un partner in modo anonimo o occasionale, di voler riconoscersi in lui come in uno specchio immaginario, di sognare l’incontro amoroso con l’anima gemella, di incontrare brutalmente qualcuno disposto a soddisfare qualsiasi desiderio erotico, di cercare un partner estremamente femminilizzato, di stare con qualcuno “per divertirsi” o di trovare un ragazzo con cui coronare un sogno l’amore durevole. 


Come accade per ogni sintomo, anche per l’omosessualità, esso assume una portata psichica diversa a seconda della struttura psichica cui appartiene. Se una forma di omosessualità si riscontra in una configurazione psichica nevrotica, ciò è radicalmente diverso rispetto a una configurazione dove predomina la perversione o dove è in atto, in modo latente o manifesto, una psicosi. In un certo senso, in ciascuna configurazione psichica vi saranno modi differenti di praticare l’omosessualità o di situare il partner, ma soprattutto di raccontare storie la cui specificità è unica.  
Rispetto alla tripartizione nevrosi, psicosi e perversioni procediamo a tratteggiare la struttura delle nevrosi che, semplificando, si riassume  tecnicamente nel discorso isterico e in quello ossessivo. La dimensione sintomatica si sviluppa, secondo l’impostazione freudiana, a partire da una conflittualità intrapsichica in cui predominano le dinamiche classiche della rimozione e del ritorno del rimosso, o la complessa dialettica tra le istanze dell’Io, del Superio e dell’Es. 
Il sintomo dell’omosessualità indica un esito particolare del processo della sessuazione, ossia del modo con cui il soggetto ha fatto i conti con quel lungo e complesso processo di assunzione simbolica del proprio sesso e con quel lavoro di identificazione che conduce alla costruzione della propria identità di genere (diventare uomo). 
    L’omosessualità indicherebbe un particolare modo, problematico, con cui le pulsioni si sono organizzate nel corso dello sviluppo, attraversando le tre tappe principali che si articolano tra prima infanzia, pubertà e adolescenza. Parallelamente le figure della madre e del padre hanno avuto una rilevanza notevole, alcune volte terribilmente decisiva. Molte forme di omosessualità del figlio rappresentano una risposta, una reazione o a una compensazione a un tratto patologico di un genitore o di entrambi.

GIANCARLO RICCI, IL PADRE DOV'ERA. LE OMOSESSUALITA' NELLA PSICANALISI, Sugarco

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