Si è avviato in Francia un acceso dibattito laico tra psicanalisti intorno ai matrimoni gay e le adozioni. Ha preso posizione Jacques Alain Miller con il suo semplice motto "No, la psicanalisi non è contro i matrimoni gay". http://www.lepoint.fr/invites-du-point/jacques-alain-miller/non-la-psychanalyse-n-est-pas-contre-le-mariage-gay-14-01-2013-1614461_1450.php
A questo intervento di Miller risponde quest'articolo molto critico di Daniel Pendanx (psicanalista di Bordeaux) http://www.valas.fr/Daniel-Pendanx-les-petitions-et-l-interprete,307
Ne forniamo una traduzione per il lettore italiano.
IL MATRIMONIO GAY, LE PETIZIONI E L'INTERPRETE
di Daniel Pendanx
Nella confusione e agitazione del momento, se può sembrare utile circoscrivere l’ambito della psicoanalisi rispetto a «talune delle tesi che si oppongono al progetto di legge», come si legge nella dichiarazione che raggruppa alcuni milleriani (dichiarazione-petizione data in pasto allo spirito di massa), sarebbe necessario ora che gli psicoanalisti non si facessero garanti delle “tesi” della nuova dogmatica: quella del soggetto svincolato da qualsivoglia legame fiduciario (inteso qui in senso giuridico): il soggetto esente dall’Edipo.
Facile e comodo esser maliziosi nei confronti degli ecclesiastici; altra questione è comprendere che il pericolo principale – la più folle “credenza” nell’esistenza del rapporto sessuale – è dalla parte del nuovo familismo monogenitoriale e impegnarsi in una resistenza critica verso questa deriva, che richiede all’interprete la capacità di conquistare tutt’altra libertà e tutt’altro coraggio politico.
Nelle considerazioni della petizione di Miller la “religione” è data come bene di consumo a disposizione del soggetto: prendere o lasciare. Ecco lo spirito del «mercato delle religioni», concetto made in Usa di cui si pasce la nostra laicità di Europei. CONTINUA....
Parimenti, è dato rinvenire un altro principio della manovra teologico-politica: occultando la faccenda del «da dove parlo? da quale luogo, da quale posizione?» nonché la dimensione propriamente dogmatica di una simile dichiarazione, i firmatari della summenzionata petizione si rivolgono a noi tutti come se l’atto di parola non supponesse il proprio statuto linguistico, finzionale, i fondamenti istituiti dalla parola stessa. Come se in ogni sistema di civiltà non si dispiegasse sotto la Referenza – questa metafora del posto vuoto del Potere, dell’Altro istituzionale - un mito fondatore (libro del Genesi o meno), la cui rappresentazione centrale, nelle sue diverse forme, è quella della coppia originaria Madre / Padre.
Facile e comodo esser maliziosi nei confronti degli ecclesiastici; altra questione è comprendere che il pericolo principale – la più folle “credenza” nell’esistenza del rapporto sessuale – è dalla parte del nuovo familismo monogenitoriale e impegnarsi in una resistenza critica verso questa deriva, che richiede all’interprete la capacità di conquistare tutt’altra libertà e tutt’altro coraggio politico.
Nelle considerazioni della petizione di Miller la “religione” è data come bene di consumo a disposizione del soggetto: prendere o lasciare. Ecco lo spirito del «mercato delle religioni», concetto made in Usa di cui si pasce la nostra laicità di Europei. CONTINUA....
Parimenti, è dato rinvenire un altro principio della manovra teologico-politica: occultando la faccenda del «da dove parlo? da quale luogo, da quale posizione?» nonché la dimensione propriamente dogmatica di una simile dichiarazione, i firmatari della summenzionata petizione si rivolgono a noi tutti come se l’atto di parola non supponesse il proprio statuto linguistico, finzionale, i fondamenti istituiti dalla parola stessa. Come se in ogni sistema di civiltà non si dispiegasse sotto la Referenza – questa metafora del posto vuoto del Potere, dell’Altro istituzionale - un mito fondatore (libro del Genesi o meno), la cui rappresentazione centrale, nelle sue diverse forme, è quella della coppia originaria Madre / Padre.
Sicuramente il mio discorso verrà considerato veterofreudiano, anzi veterolacaniano, a tal punto l’«ultimo Lacan» pare a certuni annullare qualsiasi considerazione approfondita del fatto che «il destino psicologico di un bambino dipende dal rapporto che le figure genitoriali mostrano esistere tra loro» (J. Lacan, I complessi familiari) insieme al puntello simbolico, culturale, istituzionale che il loro rapporto riceve dall’esterno. Sostegno legato all’ordine del linguaggio in quanto atto connesso con la nominazione della genitorialità, di cui è responsabile l’istituzione giuridica, e che si fa garante dell’identità del soggetto.
Il diritto, nella fattispecie il diritto civile, non ha di fatto altra vocazione antropologica e clinica - e lo ripeto qui sulla scia di Pierre Legendre – se non quella di convalidare e far valere, secondo la logica strutturale ternaria, lo scarto e la differenza tra le figure, ovverosia lo spazio vuoto e di separazione evidenziato dalle formule lacaniane del «non c’è rapporto sessuale» e «la donna non esiste».
Al diritto e ai giudici spetta questa funzione simbolica, clinica e non già – ciò cui conduce il giuridicismo come pure l’antigiuridicismo (sua ombra portata - e di entrambi ho da tempo esperienza nell’ambito della giustizia minorile) - quella di gestire e regolare i comportamenti; la qual cosa avviene il più delle volte in base alle manifestazioni attuali del familismo monogenitoriale che fanno del padre una madre come le altre.
La funzione dei giudici è di riproporre sul piano simbolico la rappresentazione edipica facendo così valere lo scarto, lo spazio che separa le figure, ovvero: papà e mamma sono diversi. Non si può fare del papà una mamma come le altre; papà + mamma non dà come somma una totalità, non fa Uno (Un-istituzione familiare). Non c’è complementarietà, non completamento, insomma la somma non fa “Madre totale”…. Non basta ripetere ciò all’infinito se d’altronde, a contrario, si chiudono gli occhi o si collabora alla decostruzione delle dighe e dei dispositivi del diritto che sostengono simbolicamente il reale, il reale del non-rapporto-sessuale. Dirò persino che lo distinguono, lo fanno valere come tale: ogni fondamentalismo, fondamentalismo del fantasma, sotteso a ogni forma di totalitarismo, si regge su un diritto che tende a ricusare il Reale.
L’incompiutezza costitutiva della nostra condizione di esseri dotati di parola ha una ricaduta istituzionale, interna ed esterna al soggetto: è un fatto simbolico, giuridico. Non c’è soggetto di parola (diviso dal Sesso, diviso dalla Madre) se non in quanto soggetto istituito. Detto in altri termini, adesso spetta a me ribadire che il soggetto – e non importano qui i suoi inciampi, le sue difficoltà soggettive appunto, i suoi orientamenti sessuali – è legato a una rappresentazione fondatrice non falsata – e intendo qui proprio “rappresentazione” -, in cui le figure Madre e Padre, differenziate e incrociate, non sono confuse, combinate in tutte le salse dell’incesto e dell’uccisione, come accade nell’«altra scena» del fantasma.
Se allora non è mia intenzione sostenere che gli interpreti prestino man forte a un giuridicismo volto ad annientare o interdire il fantasma – qual sia il fantasma di scena primitiva, fosse pure quello dei genitori combinati, simmetrici, di cui la finzione monogenitoriale è un’espressione diretta, cristallizzata – nondimeno ritengo che non ci si debba asservire a una tale perversione della finzione originaria, di cui è latrice la nuova legge sul matrimonio con la credenza raddoppiata ne La donna (la Madre assoluta) e la legittimazione del regno del fantasma….
I latori e firmatari di tali petizioni scrivono all’unisono come se davvero fosse possibile dissociare lo statuto giuridico dal principio genealogico, dal principio del Padre (egli stesso schiacciato dal femminismo ultrà sull’identico del machismo, sulla norma maschile, sulla “dominanza patriarcale”, “sul privilegio matrimoniale dell’eterosessualità”). Fanno come se tutto ciò non avesse nulla a che vedere con la logica delle posizioni che si occupano!
Gli analisti che s’imbarcano in queste petizioni non vedono lo squilibrio che vi è implicato; o hanno così tanta paura di passare per degli “inattuali”, per dei non progressisti.
Recentemente Charles Melman ricordava: «ciò che colpisce, per coloro i quali hanno davvero conosciuto la pratica di Lacan, è che egli sembrava a buon diritto, talora anche violentemente ostinato nella difesa, nell’affermazione di un certo ordine. Non l’ordine patriarcale. E nemmeno un ordine qualsiasi, o l’ordine che sarebbe quello di “E dai, smuoviamo le acque, creiamo scompiglio e poi ci sentiremo molto meglio”» (JFP n° 37).
Ma per Miller & Co: «La struttura edipica non è un’invariante antropologica» . Ed ecco che la formula dogmatica scioccante è bell’e che sputata, assestata senza andar per il sottile…. E volete che tutto ciò non risuoni al servizio del culto liberal-libertario del Mercato – il mercato del libero servizio normativo?
Questo genere di proposizioni dogmatiche sferzanti, prive di rigore - che evacuano o riducono a pelle di zigrino la questione dei fondamenti istituiti della parola, quelli della clinica – conduce a pratiche svincolate dalla questione edipica, compresa la dimensione inconscia e giuridica. In nome dell’ideale, tanto proclamato, del “soggetto desiderante”, del “soggetto auto-fondato” tali dichiarazioni lasciano alla fin fine il campo libero al positivismo tecno-gestionale, scientista, come pure a un sociologismo generalizzato. E questi sì per davvero con il “soggetto” fanno soldi, affari e fortuna: l’affare del servaggio volontario, quello della sottomissione consenziente.
Torno a insistere: «la donna non esiste» o «non c’è rapporto sessuale». È un fatto di struttura, di linguaggio, un fatto istituzionale, un effetto di nominazione (di lingua/langue), ancorato giuridicamente, annodato mediante i dispositivi del diritto civile. Questo dato di fatto, questo annodamento, questa impalcatura si trovano ai nostri giorni sovvertiti e decostruiti.
Tutto ciò non può che spingere verso l’incesto. L’ecclesiastico che evoca l’incesto – la qual cosa gli è valsa grida orripilate – ha avuto l’unico torto di passare un po’ troppo velocemente dal registro della rappresentazione a quello reale!
Questo schiacciamento dei registri gli uni sugli altri (che Lacan non ha fatto altro – così mi pare – di smontare, da ultimo con i nodi) spinge la maggior parte di coloro i quali si oppongono al “matrimonio per tutti” a mantenersi sul medesimo terreno (terreno dove si dispiega appieno lo psico-sociologismo!) dei sostenitori della nuova legge, nel medesimo campo di credenza ne la Donna: credenza immaginaria che esista una complementarietà papà-mamma.
Per colui il quale desideri interpretare, metto a disposizione queste due proposizioni, che valgono per gli spiriti più liberi. La scommessa politica del momento mi pare essere:
- 1) prendere davvero in considerazione lo statuto sociale giuridico terzo - e limitato - della psicoanalisi; comprendere che la psicoanalisi non può esser lasciata al “Numero”, ai firmatari di petizioni senza essere, per ciò stesso, ricondotta all’infeudamento dei miti religiosi moderni .
- 2) riflettere sulla follia della decostruzione giuridica in atto senza per ciò cadere nell’edipismo, quello del vecchio giuridicismo.
Quanto detto suppone che si prenda atto - non faccio che tornarvi - del passo di Legendre. Ma ecco che forse ciò ci porterebbe a nuovi distinguo, a nuovi “adieux”... (traduzione di Rosalba Maletta).
Il diritto, nella fattispecie il diritto civile, non ha di fatto altra vocazione antropologica e clinica - e lo ripeto qui sulla scia di Pierre Legendre – se non quella di convalidare e far valere, secondo la logica strutturale ternaria, lo scarto e la differenza tra le figure, ovverosia lo spazio vuoto e di separazione evidenziato dalle formule lacaniane del «non c’è rapporto sessuale» e «la donna non esiste».
Al diritto e ai giudici spetta questa funzione simbolica, clinica e non già – ciò cui conduce il giuridicismo come pure l’antigiuridicismo (sua ombra portata - e di entrambi ho da tempo esperienza nell’ambito della giustizia minorile) - quella di gestire e regolare i comportamenti; la qual cosa avviene il più delle volte in base alle manifestazioni attuali del familismo monogenitoriale che fanno del padre una madre come le altre.
La funzione dei giudici è di riproporre sul piano simbolico la rappresentazione edipica facendo così valere lo scarto, lo spazio che separa le figure, ovvero: papà e mamma sono diversi. Non si può fare del papà una mamma come le altre; papà + mamma non dà come somma una totalità, non fa Uno (Un-istituzione familiare). Non c’è complementarietà, non completamento, insomma la somma non fa “Madre totale”…. Non basta ripetere ciò all’infinito se d’altronde, a contrario, si chiudono gli occhi o si collabora alla decostruzione delle dighe e dei dispositivi del diritto che sostengono simbolicamente il reale, il reale del non-rapporto-sessuale. Dirò persino che lo distinguono, lo fanno valere come tale: ogni fondamentalismo, fondamentalismo del fantasma, sotteso a ogni forma di totalitarismo, si regge su un diritto che tende a ricusare il Reale.
L’incompiutezza costitutiva della nostra condizione di esseri dotati di parola ha una ricaduta istituzionale, interna ed esterna al soggetto: è un fatto simbolico, giuridico. Non c’è soggetto di parola (diviso dal Sesso, diviso dalla Madre) se non in quanto soggetto istituito. Detto in altri termini, adesso spetta a me ribadire che il soggetto – e non importano qui i suoi inciampi, le sue difficoltà soggettive appunto, i suoi orientamenti sessuali – è legato a una rappresentazione fondatrice non falsata – e intendo qui proprio “rappresentazione” -, in cui le figure Madre e Padre, differenziate e incrociate, non sono confuse, combinate in tutte le salse dell’incesto e dell’uccisione, come accade nell’«altra scena» del fantasma.
Se allora non è mia intenzione sostenere che gli interpreti prestino man forte a un giuridicismo volto ad annientare o interdire il fantasma – qual sia il fantasma di scena primitiva, fosse pure quello dei genitori combinati, simmetrici, di cui la finzione monogenitoriale è un’espressione diretta, cristallizzata – nondimeno ritengo che non ci si debba asservire a una tale perversione della finzione originaria, di cui è latrice la nuova legge sul matrimonio con la credenza raddoppiata ne La donna (la Madre assoluta) e la legittimazione del regno del fantasma….
I latori e firmatari di tali petizioni scrivono all’unisono come se davvero fosse possibile dissociare lo statuto giuridico dal principio genealogico, dal principio del Padre (egli stesso schiacciato dal femminismo ultrà sull’identico del machismo, sulla norma maschile, sulla “dominanza patriarcale”, “sul privilegio matrimoniale dell’eterosessualità”). Fanno come se tutto ciò non avesse nulla a che vedere con la logica delle posizioni che si occupano!
Gli analisti che s’imbarcano in queste petizioni non vedono lo squilibrio che vi è implicato; o hanno così tanta paura di passare per degli “inattuali”, per dei non progressisti.
Recentemente Charles Melman ricordava: «ciò che colpisce, per coloro i quali hanno davvero conosciuto la pratica di Lacan, è che egli sembrava a buon diritto, talora anche violentemente ostinato nella difesa, nell’affermazione di un certo ordine. Non l’ordine patriarcale. E nemmeno un ordine qualsiasi, o l’ordine che sarebbe quello di “E dai, smuoviamo le acque, creiamo scompiglio e poi ci sentiremo molto meglio”» (JFP n° 37).
Ma per Miller & Co: «La struttura edipica non è un’invariante antropologica» . Ed ecco che la formula dogmatica scioccante è bell’e che sputata, assestata senza andar per il sottile…. E volete che tutto ciò non risuoni al servizio del culto liberal-libertario del Mercato – il mercato del libero servizio normativo?
Questo genere di proposizioni dogmatiche sferzanti, prive di rigore - che evacuano o riducono a pelle di zigrino la questione dei fondamenti istituiti della parola, quelli della clinica – conduce a pratiche svincolate dalla questione edipica, compresa la dimensione inconscia e giuridica. In nome dell’ideale, tanto proclamato, del “soggetto desiderante”, del “soggetto auto-fondato” tali dichiarazioni lasciano alla fin fine il campo libero al positivismo tecno-gestionale, scientista, come pure a un sociologismo generalizzato. E questi sì per davvero con il “soggetto” fanno soldi, affari e fortuna: l’affare del servaggio volontario, quello della sottomissione consenziente.
Torno a insistere: «la donna non esiste» o «non c’è rapporto sessuale». È un fatto di struttura, di linguaggio, un fatto istituzionale, un effetto di nominazione (di lingua/langue), ancorato giuridicamente, annodato mediante i dispositivi del diritto civile. Questo dato di fatto, questo annodamento, questa impalcatura si trovano ai nostri giorni sovvertiti e decostruiti.
Tutto ciò non può che spingere verso l’incesto. L’ecclesiastico che evoca l’incesto – la qual cosa gli è valsa grida orripilate – ha avuto l’unico torto di passare un po’ troppo velocemente dal registro della rappresentazione a quello reale!
Questo schiacciamento dei registri gli uni sugli altri (che Lacan non ha fatto altro – così mi pare – di smontare, da ultimo con i nodi) spinge la maggior parte di coloro i quali si oppongono al “matrimonio per tutti” a mantenersi sul medesimo terreno (terreno dove si dispiega appieno lo psico-sociologismo!) dei sostenitori della nuova legge, nel medesimo campo di credenza ne la Donna: credenza immaginaria che esista una complementarietà papà-mamma.
Per colui il quale desideri interpretare, metto a disposizione queste due proposizioni, che valgono per gli spiriti più liberi. La scommessa politica del momento mi pare essere:
- 1) prendere davvero in considerazione lo statuto sociale giuridico terzo - e limitato - della psicoanalisi; comprendere che la psicoanalisi non può esser lasciata al “Numero”, ai firmatari di petizioni senza essere, per ciò stesso, ricondotta all’infeudamento dei miti religiosi moderni .
- 2) riflettere sulla follia della decostruzione giuridica in atto senza per ciò cadere nell’edipismo, quello del vecchio giuridicismo.
Quanto detto suppone che si prenda atto - non faccio che tornarvi - del passo di Legendre. Ma ecco che forse ciò ci porterebbe a nuovi distinguo, a nuovi “adieux”... (traduzione di Rosalba Maletta).
Bordeaux, il 26 gennaio 2013
[1] Dichiarazione pubblicata sul sito Lacan-quotidien
e sul forum del sito Oedipe (figlio,
monogenitorialità, il dibattito).
[2]
Che una simile asserzione dogmatica sia stata pubblicata sul forum del sito dal
titolo indicativo Oedipe, inaugurando
un premio “Oedipe”, e che sia rimasta, a tutt’oggi, senza seguito, senza
rilancio critico, non è privo di significato…. Rilevo che dopo aver potuto
proporre il mio discorso (e rinvio qui il lettore a quei miei interventi), in
seguito a un conflitto con alcuni – non senza malintesi – i miei ultimi “posts”
sono stati rifiutati - debbo forse dire censurati? Come se – dacché non
rientrate negli usi e costumi, ma quali? – si dovesse passare oltre e tirar
via. La qual cosa potrebbe in effetti acuire la posta in gioco, posta in gioco
propriamente analitica. Mantenere i soggetti fuori dal conflitto – annullare il
ribelle e pregare l’interprete di passar oltre – ciò rimane, nota bene, l’ideale di un Management
istituzionale che aspira a governare con il sorriso e la buona educazione
dell’innocenza, una comunità di jouissance
che si è liberata del diavolo, altrimenti detto che si è sgravata dell’Edipo e
della colpa associata per ciascuno di noi al conflitto. Solo la coscienza della
colpa permette una riconciliazione futura, scriveva non so più dove Kundera
evocando il senso condiviso del tragico e della colpa, l’uno essendo legato
all’altra…… non sarebbe qui in gioco la questione edipica? Allora voglio certo
che si sia amabili, tre volte cortesi, ma il dibattito di idee e il lavoro di
distinguo (essenza del travaglio democratico) – una volta che lo si voglia togliere
dal registro del discorso universitario, mondano, ha le proprie esigenze,
esigenze alle quali questo forum del sito Oedipe,
dove i dadi sono truccati, non risponde più.
[3]
«E tuttavia non la scopriamo la psicoanalisi già riguadagnata all’infeudamento
dei miti religiosi moderni? O forse si vorrebbe fare dell’analizzante una
specie di verace mentitore – il becchino di Shakespeare che scava allegro e
sornione la tomba – e che non farebbe che ripetere quest’idiozia che è vietato
vietare? Alla fiera delle Liberazioni senza colpo ferire la psicoanalisi tiene
banco oramai all’insegna della chiusura verso la legge, della rovina delle
misure di polizia e nel segno dell’amore libero. Non prendiamo alla leggera
questi annunci del governo sorridente, costruiti per dissimulare la tirannia
dell’industria e propagare la docilità nelle burocrazie contemporanee. Il testo
freudiano è mobilitato dai tecnici della manipolazione in una vasta impresa di
disarmo dei soggetti. […] La psicoanalisi è chiamata a servire la grande opere
di sottomissione moderna, a fornire temi rassicuranti, a facilitare la
diffusione di superpropagande elaborate in nome di scienze umane, cui non è
possibile resistere, etc…. Questo equivoco giustifica il fatto di sostare per
qualche pagina su questi punti…..» (Pierre
Legendre, L’AMOUR DU CENSEUR. Essai sur
l’ordre dogmatique ; in italiano, Gli
scomunicanti, Spirali Edizioni. p. 34 – Per la storia di quest’opera
e le implicazioni di Lacan nell’intera faccenda si veda pure la prefazione alla
nuova edizione del 2003).
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