lunedì 13 marzo 2017

PENSARE E DISSENTIRE. Di Diego Fusaro


Pubblichiamo alcuni brani del libro di 
Diego Fusaro Pensare altrimenti (Einaudi, 2017).
  Tutto il libro, audace e provocatorio, è un’attraversata storica, sociale e politica dell’istanza del dissenso e del paradosso di  un’epoca in cui tutto è permesso ma al contempo tutto dev’essere omologabile. 
Le promesse di libertà diventano un “monologo di massa” che divora ogni differenza in nome del politicamente corretto. 

I passi riportati si riferiscono prevalentemente ai temi della differenza tra i sessi, dell’omofobia, della famiglia, del concetto di “psicoreato”, della prospettiva gender, dell’utero in affitto coniugati e inseriti, per le logiche che sottendono,  nell’attuale contesto politico e socioeconomico. 



"In questo senso, il capitalismo è “eterofobo”. Non tollera l’alterità, la pluralità, il differente, il molteplice. Nella reductio ad unum si condensa la sua essenza. Esso mira a un consenso planetario, a un piano liscio reale e simbolico, a un mercato mondiale senza ostacoli, senza spigoli, senza frontiere e senza dissensi, senza barriere reali e simboliche che ne arginino allargamento.[p. 80] 

La stessa categoria di “omofobia” è l’etichetta in auge con cui il “Ministero dell’Amore” mette a tacere chiunque osi ancora pensare che esistano uomini e donne e che la razza umana si perpetui di virtù della differenza sessuale.
Condannati come omofobici, infatti, non sono oggi soltanto coloro che usano violenza e compiono discriminazioni: in questo caso, naturalmente è giusta la piena condanna dei violenti e di chi discrimina, come, del resto, sarebbe giusto sanzionare ogni forma di violenza e di discriminazione, compresa quella classista del sistema economico, che resta invece, puntualmente impunita. 
A incorrere nella condanna di omofobia sono anche quanti
commettono, in termini orwelliani, il prima evocato “psicoreato” consistente nel ritenere che esistono uomini e donne, che la famiglia non corrisponda a un concetto “autoritario” da cui prendere congedo, che - pur essendo molteplici i legittimi gusti sessuali - due siano i sessi, che si possano discutere razionalmente senza dover essere accettate senza riserve le nuove disposizioni sull’”educazione di genere” nelle scuole. 

In tale maniera, quella dell’omofobia diventa essa stessa una nuova categoria dell’intolleranza e della persecuzione del pensiero; una categoria con cui non si accetta l’esistenza di prospettive diverse, che non siano immediatamente quelle fissate dal pensiero unico.
Di più, si criminalizza in forma aprioristica chiunque, pur riconoscendo il carattere pienamente naturale dell’omosessualità, non aderisca in forma incondizionata alle lotte gay, magari ricordando, sulla scia di Marx, che gli omosessuali non sono una classe sociale: e che la vera lotta degna di essere combattuta è quella in difesa dei lavoratori e degli oppressi omosessuali o eterosessuali che siano. [p.103]

Nell’orizzonte globalistico della neutralizzazione del diritto alle differenze, si inscrive anche l’ideologia planetaria gender, espressione coerente della passione del medesimo , espressione coerente della passione del medesimo, del neutro e dell’indifferenziato propria della mondializzazione. Promettendo la liberazione degli individui e, in verità promuovendo la loro integrale sussunzione sotto le leggi del capitale, l’ideologia gender aspira a creare un nuovo modello umano unisex, infinitamente manipolabile perché privo di un’identità che non sia quella di volta in volta stabilita dalla sfera della circolazione. Alla stregua del falso multiculturalismo, che dissolve le culture e ne rioccupa lo spazio vacante con il valore di scambio, la teoria del gender produce il livellamento e la neutralizzazione delle differenze, di modo che l’economia possa integralmente impadronirsi del nuovo individuo unisex senza identità, puro atomo materiale consumatore di merci ed erogatore di forza lavoro flessibile e precaria.
La Società dell’integralismo economico a cinismo avanzato
si deve strutturalmente fondare sul profilo antropologico neutro e unisex, ossia sul presupposto che i due sessi siano costituiti su misura per il medesimo lavoro flessibile, precario e rettificato e siano portatori dei medesimi desideri consumistici indistinti. Su queste basi, l’ideologia gender rimuovere la differenza tra uomo e donna: e demonizza come omofobo  e intollerante chiunque non introietti supinamente questa nuova visione coerente con l’ordine mondiale. Rende, per ciò stesso, necessario lottare la riappropriazione dei mezzi di riproduzione oltre che di quelli di produzione.
Complice la neolingua, il pensiero unico politicamente corretto oggi silenzia, diffama e delegittima chiunque commetta lo “psicoreato”, ossia chiunque si ostini a credere che due più due dia quattro e osi sentire e pensare diversamente. [104]

Si pensi anche solo, tre molteplici esempi possibili, alla pratica “dell’utero in affitto”, che l’ipocrisia del pensiero unico e l’astuzia della neolingua hanno scelto di chiamare con discrezione maternità surrogata […].
Il vecchio adagio femminista “l’utero è mio e lo gestisco io”, frutto di una stagione di lotte e di benemerite rivendicazioni dell’emancipazione femminile, è oggi stato riadattato dal capitale in funzione della sua sola norma, la valorizzazione del valore: l’utero è tuo e “puoi” affittarlo a chi vuoi. Ma il “puoi” in questione è sempre quello della società di mercato: “puoi”, in realtà “dovrai”. “Puoi” perché nessuno te lo impone, né te lo vieta. “Dovrai” perché sarà la tua condizione socioeconomica a importi di farlo, per poter sopravvivere nella società del capitale umano". [p. 109]



Nessun commento:

Posta un commento