L’articolo di Giorgio Agamben, uscito sabato 16 febbraio su “Repubblica” con il titolo “Legalità e legittimità del potere"
http://www.napolionline.org/2013/02/16/editoriali/legalita-e-legittimita-del-potere-cosa-insegna-alla-politica-la-rinuncia-di-ratzinger/,
pone come fulcro di alcune importanti riflessioni,
http://www.napolionline.org/2013/02/16/editoriali/legalita-e-legittimita-del-potere-cosa-insegna-alla-politica-la-rinuncia-di-ratzinger/,
pone come fulcro di alcune importanti riflessioni,
il nodo tra legittimità e legalità.
Nodo essenziale e imprescindibile quello tra legittimità e legalità: la sua consapevolezza si perde nella devastante sindrome autoimmune che pervade l’idea di libertà nella società e la civiltà ipermoderne. Immerse nel loro parametro neoliberista, queste producono in massa individui che sottostanno, in nome della libertà, all’obbligo del godimento di merci di ogni tipo. Al punto, sembrerebbe suggerire Giorgio Agamben, che anche la leggittimità è diventata una merce il cui spaccio legale assicura una curiosa pratica cannibalica. E’ come un grandioso gioco di prestigio che tuttti denunciano e che tutti praticano: con una mano si mostra la legittimità con l’altra si sfila la legalità sotto il naso.
Tra i vari effetti di “inarrestabile processo di decadenza” c’è anche quello del disorientamento di ogni processo di soggettivazione. “L’ipertrofia del diritto, che pretende di legiferare su tutto, tradisce anzi, attraverso un eccesso di legalità formale, la perdita di ogni legittimità sostanziale”. Pensando a questa ipertrofia del diritto cui accenna Giorgio Agamben viene in mente la demagogia che cresce intorno ai “matrimoni gay” e ai loro diritti di adozione di figli. Il richiamo a simili “diritti”, che ovviamente non possono che essere definiti legittimi e civili, oscura l’interrogazione intorno alla domanda di legalità: chiedo che lo Stato riconosca il nostro desiderio, che ne faccia un legittimo diritto e che ne garantisca un’esistenza giuridica. E che poi, ovviamente, agisca con tutta la legalità possibile contro chi la pensa differentemente.
Così il diritto, la più antica e sapiente scienza del simbolico, rischia di diventare oggi una scienza dei numeri, dei sondaggi, delle tendenze dei nuovi tempi, dell’amministrazione di diritti e di soggettività omologate. E il resto è giustizia. Scusate, volevo dire giustizialismo. Dipende se preferite il diritto al godimento o il godimento del diritto.
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