martedì 16 dicembre 2014

L'IDEOLOGIA GENDER HA GIA' VINTO? Di G. Ricci

Il diritto del figlio di avere un padre e una madre
L’ipertrofia dei diritti senza responsabilità
Scenari delle biotecnologie e vacillamenti antropologici
Il rischio della rinascita dell’eugenetica

Curiosa faccenda quella specie di dibattito, sempre più incalzante,  intorno al diritto di ciò che viene chiamato matrimonio gay. Si ha l’impressione di grande confusione. A forza di sentir parlare di diritti civili e umani, di discriminazione e omofobia, si ha l’impressione di trovarci in un’emergenza. Ma non è così. In materia di vera omofobia l’Italia è tra gli ultimi posti tra i paesi europei. Inoltre in quei paesi che regolamentano le unioni gay, le coppie che hanno effettivamente richiesto di sposarsi è molto basso. E dunque? C’è qualcosa che non torna.
E’ facile schematizzare, come fanno i media, quando inducono a far credere che il matrimonio gay sia di sinistra e il matrimonio tradizionale di destra. Da una parte, sempre secondo il teatrino mediatico, da una parte ci sarebbe il progressismo e la conquista di nuovi diritti (che vanno a braccetto con la vorace espansione neoliberista), dall’altra la conservazione che attinge a un vetusto ”integralismo oscurantista”. Ma non è così.
Vi ricordate quando, nel marzo dell’anno scorso, Obama chiese alla Corte Suprema di revocare il principio secondo cui il matrimonio è costituito da una donna e un uomo? E vi ricordate le due copertine della prestigiosa rivista Time, una con due lesbiche che si baciano e l’altra con due gay che si baciano? Su entrambe campeggiava lo stesso titolo: i matrimoni gay hanno già vinto.
Il trucco dei media e la potenza delle lobby interessate non cessano di stupire con i loro giochi di prestigio.  
Anche nel nostro paese, ormai il gioco si fa serio. Le numerose iniziative che vengono proposte nelle scuole con progetti, programmi e corsi favorevoli all’ideologia gender, fioriscono numerosi. Con il pretesto della lotta alla discriminazione e all’omofobia, passano in realtà contenuti alquanto ideologici. I finanziamenti provengono dall’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), dal Dipartimento delle Pari Opportunità e dal Miur con la collaborazione di diverse realtà associative LGBT che gestiscono progetti mirati, testimonianze, lezioni, corsi di “aggiornamento”. E’ qualcosa che passa sulla testa dei cittadini, di genitori e insegnanti, molti dei quali dissentono dai principi che informano la teoria gender: la naturalità dell’omosessualità, del lesbismo, della transessualità e della bisessualità, la liceità delle famiglie omoparentali, il diritto dell’adozione gay. Passa una certa idea di identità e di sessualità. Fenomeni, quest’ultimi, considerati “moderni”, indiscutibili, consoni all’ormai inarrestabile tendenza dei tempi. Tutto ciò, ricordiamolo, ancor prima che vi sia in tale materia, una precisa legislazione. L’Europa ce lo chiede, si dice, anzi ce lo impone. Forse siamo noi, mediterranei, a far finta di non sapere che in molti paesi nordici (Svezia, Danimarca, Olanda, Germania e altri) l’ideologia gender è già operante e praticata quotidianamente. Peccato che nessuno si soffermi a considerare che vi sono diverse Europe, una nordica e una mediterranea, che le loro culture, la concezione stessa della sessualità e dei legami sociali, sono storicamente differenti. 
Ritorniamo alla copertina del Time: “abbiamo già vinto”. Sarebbe l’ideologia gender a cantare vittoria, a creare il tema dei matrimoni gay come una priorità sociale, imprescindibile, un diritto che va riconosciuto e soprattutto (cosa non detta) finanziato dalla comunità. Lo scopo è di imporre un pensiero unico intorno a temi cruciali come la sessualità, la differenza tra i sessi, il legame tra uomo e donna, la famiglia, il matrimonio, lo statuto di figlio, la filiazione, l’eterologa, i rapporti di parentela. Forse non ci si rende conto che ciascuno di questi termini costituisce un elemento indispensabile che sorregge l’impalcatura antropologica (ossia storica, culturale, psichica, economica) con cui l’umanità, da millenni, ha avanzato nel suo cammino.  
Se prendessimo alla lettera l’affermazione del Time dovremmo rispondere che ad aver vinto è la visione biotecnologica che promette nuovi mirabolanti scenari antropologici.
Ad aver vinto è il diritto ad avere - avere quale possesso narcisistico - un bambino a tutti i costi, per esempio con la fecondazione eterologa. Ad aver vinto è quell’idea ultrascientista che promette all’individuo di poter determinare il corso della natura a suo piacimento. Ad aver vinto è l’idea secondo cui un soggetto può cambiare “liberamente” la propria identità sessuale, piegare l’anatomia alle necessità del proprio immaginario, trasformarla, praticarla nei suoi più indicibili godimenti. In definitiva il soggetto può finalmente vivere nell’euforia di una libertà senza responsabilità. In altri termini: l’individuo può illudersi che consumando bene la propria libertà possa garantirsi il massimo della felicità.  
Intanto qualche riflessione si impone. Quando per esempio parliamo di matrimonio non possiamo fare a meno di riferirci alla trasmissione della civiltà. Infatti l’istituto del matrimonio più che sancire una relazione tra uomo e donna, evidenzia la creazione di una nuova famiglia  come luogo in cui nasce generatività, vengono formati e cresciuti coloro, i figli, a cui resterà in mano il destino della civiltà. A loro rimane, come accade da generazione in generazione, il futuro e il progetto della società. E’ un’eredità, un patrimonio. Significa che qualcosa prosegue al di là della morte degli individui. Il matrimonio e la famiglia hanno dunque una forte valenza simbolica in quanto assicurano la trasmissione della civiltà. 
Nel caso invece dei matrimoni gay, e spesso del conseguente preteso diritto all’adozione o a poter avere bambini con l’eterologa, le cose si complicano. Qual è qui il posto del figlio? In che discendenza si configura?  In quale trasmissione simbolica e lungo quale rapporto di parentela? Nei matrimoni gay il voler avere un bambino  - curioso che non venga mai usato il termine figlio - corrisponde a un desiderio oggettuale del genitore 1 e del genitore 2. Non c’è più padre e madre. Rimarrà un diritto precluso per sempre. Tale soggetto si troverà sprovvisto della storia della propria origine, del mito delle proprie radici perché queste sono oscure, ingarbugliate in una dissipazione simbolica in cui posti, funzioni e statuti sono stati confusi. 

Sappiamo di sicuro che se non ci sono figli, la società invecchia, implode, finisce, tramonta. Il figlio e la filiazione sono termini che assicurano la trasmissione di una civiltà. Eppure tra adozioni, adottabilità, legittimità della eterologa, possibilità o diritto di avere un bambino (a tutti i costi), la nostra contemporaneità, che enfatizza i miracoli delle biotecnologie, sembra in preda a un fantasma di eugenetica. Strano, questo fantasma sembrava definitivamente sepolto nelle tragiche mitologie razziste del ‘900. Ma attenzione, se oggi questo fantasma riaffiora, significa che da qualche parte c’è profitto e business, e pertanto governance dell’informazione pilotata e del pensiero unico.

(Articolo uscito su L'Unione, bimestrale cattolico di Villasanta)

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