domenica 1 dicembre 2013

OMOSESSUALITA' AGITA O FANTASMATA di Giancarlo Ricci


Introduciamo qualche riflessione intorno a un significativo “indicatore” clinico: le forme di omosessualità si differenziano anche a seconda se essa è fantasticata o pienamente praticata e agita. In altri termini se è occasionale, se è un rimedio contingente all’impulso  sessuale, se è ricercata o semplicemente fantasticata. 

       Riscontriamo dunque, in tal senso, due polarità. Da una parte un campo immaginario abitato da fantasie, curiosità, convinzioni che provengono spesso da un’ipotetica teoria sessuale infantile. Dall’altra  un’omosessualità praticata, agita ripetutamente, in alcuni casi militata tenacemente e non in modo occasionale. 
Tra la fantasia e l’agito in un certo senso passa la stessa differenza topologica che c’è tra il registro del desiderio e del fantasma, e quello del godimento inteso come incontro con il reale (Lacan). Sono due registri adiacenti ma distinti.  Le variabili in gioco sono il corpo, il modo cui cui esso è implicato pulsionalmente in carne e ossa, e l’idea di godimento, ossia le infinite varianti immaginarie progettate per raggiungere il maggior piacere. Tra queste due polarità si coniugano per ciascun soggetto differenti fantasmatiche. 
Per esempio accade di ascoltare, nel corso dei colloqui preliminari, che ciò che il paziente chiama omosessualità non è riferibile propriamente a questo termine, o quanto meno essa risulta un aspetto marginale o supplementare di una problematica di tutt’altra natura. Possiamo trovare, inoltre, nel discorso di alcuni pazienti, una serie di enunciazioni che collocano la questione dell’omosessualità in modi diversi: dall’ambito della vita pulsionale alla relazione oggettuale, dall’ideale narcisistico a una dimensione di sfida o di trasgressione.  Ci può essere insistenza, ripetizione, costrizione, tentazione, il non poter farne a meno. Le sfumature sono infinite. 


“Ho dei dubbi sulla mia virilità - afferma un paziente - in quanto le donne con cui mi è capitato di stare sono state loro a volersi mettere con me.  Mi hanno scelto e io, passivamente, ho accettato. Ma non è stata una mia iniziativa e, quindi, non mi sono mai sentito effettivamente coinvolto. Non mi interessano. Vorrei essere io a scegliere una donna. Solo così mi sentirei davvero uomo”. Curiosa formulazione: propone quasi un teorema sulla virilità, un teorema che vorrebbe dimostrare, per assurdo, la probabile ombra silenziosa di un’omosessualità che non si dichiara. Come se il criterio attività passività fosse la prova in grado di dimostrare l’appartenenza a un’identità sessuata. Piuttosto è la logica del fantasma, qui, a tessere una particolare accezione di virilità, quasi fosse un’inscrizione simbolica del modello virile rimasta difettosa e pertanto si trattasse ora di ripararlo in un modo immaginario.  

In un percorso analitico è importante situare nel processo di sviluppo sessuale il momento in cui si è manifestata l’omosessualità. Le varianti sono parecchie: secondo una modalità “spontanea”, oppure è stata “sollecitata”, è intervenuta in qualche particolare episodio, ha preso avvio da qualche gioco con coetanei  o con ragazzi “più grandi”, si è manifestata come attrazione imperiosa verso qualcuno, si è svolta come una sorta di “iniziazione” alla sessualità maschile, è incominciata da un episodio di abuso o di seduzione da parte di un adulto, un fratello, uno sconosciuto?  
Casi e vicende che, anche rispetto alla temporalità dello sviluppo psicosessuale, sono decisivi. Riguardano infatti - soprattutto nella difficile età che va dalla pubertà all’adolescenza - la porta di accesso dell’esperienza sessuale. Il suo attraversamento conduce verso il regno sconosciuto del piacere che è spesso connesso al perturbante, all’angoscioso, all’opprimente.  Il proprio corpo e il corpo dell’Altro diventano lo scenario pulsionale dove si gioca l’impadroneggiabile alternanza tra ciò che attrae e ciò che ripugna, tra ciò che incuriosisce e ciò che fa orrore, tra ciò che vorrei fare e ciò che vorrei mi fosse fatto. 

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