Tra le principali cause psicologiche che concorrono all’origine dell’omosessualità maschile, molta letteratura psicologica concorda nel ritenere decisivo il tema del padre assente. Per evitare facili banalizzazioni dobbiamo chiederci in che senso dobbiamo intendere questa assenza.
Non si tratta semplicemente di un padre che non è stato presente fisicamente nella relazione con i figli e nella vita della famiglia. Certo, la presenza concreta è importante, spesso essenziale. Ma ci può essere un’altra modalità più sottile in cui il padre risulta assente: accade quando nella parola della madre la figura del padre è stata espunta, umiliata o degradata. In altri termini, se l’istanza del padre non compare nel discorso della madre, significa che per il figlio è come se simbolicamente egli non esistesse. E qui le cose possono di complicarsi.
Qualora una madre ritenga di poter fare a meno della terzietà rappresentata dal padre, in qualche modo rischia di rendere difficile il processo psichico che accompagna la crescita del figlio, in particolare rischia di ostacolare l’identificazione del figlio con il genere del genitore. Il riferimento a una imago maschile paterna è infatti decisivo in quanto consente al figlio di riconoscersi in quanto maschio e di identificarsi al suo statuto virile, di assumerlo. Invece una madre che situi il figlio quale oggetto d’amore esclusivo e totale, indebolisce o addirittura compromette tale processo di riconoscimento.
Non si tratta semplicemente di un padre che non è stato presente fisicamente nella relazione con i figli e nella vita della famiglia. Certo, la presenza concreta è importante, spesso essenziale. Ma ci può essere un’altra modalità più sottile in cui il padre risulta assente: accade quando nella parola della madre la figura del padre è stata espunta, umiliata o degradata. In altri termini, se l’istanza del padre non compare nel discorso della madre, significa che per il figlio è come se simbolicamente egli non esistesse. E qui le cose possono di complicarsi.
Qualora una madre ritenga di poter fare a meno della terzietà rappresentata dal padre, in qualche modo rischia di rendere difficile il processo psichico che accompagna la crescita del figlio, in particolare rischia di ostacolare l’identificazione del figlio con il genere del genitore. Il riferimento a una imago maschile paterna è infatti decisivo in quanto consente al figlio di riconoscersi in quanto maschio e di identificarsi al suo statuto virile, di assumerlo. Invece una madre che situi il figlio quale oggetto d’amore esclusivo e totale, indebolisce o addirittura compromette tale processo di riconoscimento.
Sul versante del figlio, questi avverte immediatamente - talvolta in modo drammatico - di essere chiamato a colmare o completare la mancanza della madre. Se il padre consente questa operazione senza intervenire, è come se abbandonasse il figlio in balìa all’onnipotenza materna. Si attua allora dal parte del figlio verso il padre quella che alcuni psicologi (John Bowlby) chiamano “distacco difensivo”. Molti studiosi (Freud, Klein, Winnicott, Lacan) si sono soffermati sulla constatazione che nella crescita psicologica del bambino è fondamentale che egli possa attuare un’identificazione positiva con la figura maschile. Se questo processo si svolge in modo problematico, l’identità sessuale del figlio può risultare difficile, esposta a una deriva, a un disagio che si manifesterà più avanti in vari modi. Il punto cruciale di solito emerge tra la pubertà e l’adolescenza, cioè in quel momento “di verità” in cui il soggetto incomincia seriamente a fare i conti con il proprio statuto sessuale.