Di Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera,
riportiamo alcuni passi del suo articolo
"Regolare le convinzioni morali è un vizio" (Corriere, 10.8.13).
L'articolo si può leggere interamente a:
Precedentemente era intervenuto, con lucidità e passione civile, definendo inutile la legge contro l'omofobia (Corriere, 3.8.13)
Stabilire per legge ciò che è «politicamente corretto» e ciò che non lo è, significa teorizzare e codificare il reato di opinione. È quello che ho cercato di spiegare nell'articolo in cui ho definito inutile la legge contro l'omofobia [Corriere, 3.8.13]. Pare, però, abbia sollevato la critica dei soliti «laici, democratici, antifascisti» in servizio permanente ed effettivo; che sono, poi, col fascismo storico - detto ironicamente, ma perspicuamente - l'altra forma di fascismo instauratasi dopo la caduta del primo e a seguito di una malintesa idea di democrazia [...].
Ho scritto che, per me, picchiare qualcuno è un reato. Punto e basta. Per i promotori del progetto di legge contro l'omofobia, picchiare un omosessuale è, invece, un'aggravante perché rivela un'«intenzione omofobica». Mi rendo conto che sarebbe pretendere troppo che certi nostri parlamentari conoscano la crociana «distinzione» fra Etica e Politica e fra Etica e Diritto. Ma se, almeno, capissero che l'«intenzione omofobica» è un'opzione morale, che riguarda la soggettività delle coscienze, e picchiare qualcuno è un reato che riguarda, oggettivamente, il Diritto e che, confondendo l'una con l'altro, ci sia avvia su una china pericolosa, non mi parrebbe chiedere troppo da parte loro. Così, insisto.
L'«avversione per l'omosessualità» - ciò che chiamiamo omofobia - è un'opinione eticamente sbagliata e moralmente censurabile, ma non è un reato. Giuridicizzarla significa confondere Etica e Diritto e creare le condizioni del reato d'opinione. Una volta approvata la proposta di legge contro l'omofobia, salterebbe fuori, prima o poi, qualche Procuratore della repubblica troppo zelante che si sentirebbe in dovere di «raddrizzare il legno storto dell'umanità» incriminando per omofobia chi dicesse che non si farebbe mai vedere in giro con un omosessuale.
Ho scritto che, per me, picchiare qualcuno è un reato. Punto e basta. Per i promotori del progetto di legge contro l'omofobia, picchiare un omosessuale è, invece, un'aggravante perché rivela un'«intenzione omofobica». Mi rendo conto che sarebbe pretendere troppo che certi nostri parlamentari conoscano la crociana «distinzione» fra Etica e Politica e fra Etica e Diritto. Ma se, almeno, capissero che l'«intenzione omofobica» è un'opzione morale, che riguarda la soggettività delle coscienze, e picchiare qualcuno è un reato che riguarda, oggettivamente, il Diritto e che, confondendo l'una con l'altro, ci sia avvia su una china pericolosa, non mi parrebbe chiedere troppo da parte loro. Così, insisto.
L'«avversione per l'omosessualità» - ciò che chiamiamo omofobia - è un'opinione eticamente sbagliata e moralmente censurabile, ma non è un reato. Giuridicizzarla significa confondere Etica e Diritto e creare le condizioni del reato d'opinione. Una volta approvata la proposta di legge contro l'omofobia, salterebbe fuori, prima o poi, qualche Procuratore della repubblica troppo zelante che si sentirebbe in dovere di «raddrizzare il legno storto dell'umanità» incriminando per omofobia chi dicesse che non si farebbe mai vedere in giro con un omosessuale.
Una opinione stupida, ma pur sempre, e solo, un'opinione. Se, inoltre, ciò comportasse anche il rischio di incriminazione dei credenti di religioni per i quali l'omosessualità è «un vizio», è una pratica «contro natura», saremmo nello Stato teocratico che assimila il peccato al reato. Sparirebbe la separazione fra Chiesa e Stato.
L'eccessiva regolamentazione dei comportamenti sociali, per non dire delle convinzioni morali, non è una virtù della democrazia, bensì è il vizio di ogni totalitarismo e di ogni autoritarismo.