IL PADRE DOV'ERA. Le omosessualità nella psicanalisi

lunedì 24 dicembre 2012


Pubblicato da Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com alle 02:28 Nessun commento:
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Presentazione del libro IL TEMPO DELLA POST LIBERTA'

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Intervista a G. Ricci su LA VERITA' del 26.1.2019

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LIBERTA' EDUCATIVA E DI PENSIERO

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IL TEMPO DELLA POSTLIBERTA'

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I N D I C E

I N D I C E

Frammentazione della filiazione. Da "Il tempo della postlibertà"

Grazie alle nuove biotecnologie, la frammentazione del processo di filiazione, che mette in radicale discussione sia lo statuto di madre sia quello di padre, presentifica uno scardinamento di varie istanze. Pierre Legendre lo sintetizza con queste considerazioni: “La messa in ordine genealogico del mondo [...] passa per l’istituzione della differenza dei sessi, vale a dire attraverso il sistema familiare. L’istituzione della famiglia risponde a un’esigenza di coerenza logica: un uomo non è una donna, una donna non è un uomo; un padre non è una madre, una madre non è un padre. Le funzioni genealogiche della madre e del padre incarnano le immagini della divisione alla quale è sottomesso l’animale parlante, l’animale istituito. Queste funzioni stabiliscono e fanno tenere insieme il rapporto del soggetto umano con un ordine normativo che non è a libera disposizione dell’individuo, in quanto è la cultura che costruisce questo ordine normativo”. (Pierre Legendre, L’Occidente invisibile, Medusa, Milano 2009, p. 55).
Nell’era dell’industrializzazione e della globalizzazione, l’idea di figlio rimane ancorata sintomaticamente all’avere o al dare. In realtà si tratta di fare un figlio, ossia di far nascere qualcuno nel senso più ampio del termine, senso non riducibile al dato biologico, alla riproduzione. L’accento è posto sul figlio come ciò che consente la nascita di nuove generazioni, permettendo la trasmissione, l’inscrizione simbolica in una genealogia, la differenziazione soggettiva, l’ipotetica « permutazione simbolica » per cui un figlio diventa a sua volta padre e una figlia diventa madre. Per attuare questa « permutazione » occorrono tre generazioni.
Per millenni la civiltà si è trasmessa grazie a una logica per cui quando un nuovo essere umano giungeva alla luce, la donna e l’uomo che l’avevano concepito diventavano immediatamente madre e padre. Oggi questo non è più così evidente. Le acrobazie biotecnologiche incominciano a dirci che le cose potrebbero andare diversamente. La « rivoluzione gender », con la sua funzione di apripista culturale, di scardinamento dei costumi, della morale e dell’affermazione di un differente concetto di socialità, preannuncia che la società potrà ben presto strutturarsi in modo differente. L’individuo sarà al centro di se stesso. Potrà generarsi da sé, utilizzando disparato « materiale biologico » commercializzato.


Sessualità e politica

Come in un veloce dizionario il libro propone un reticolo di voci (circa 40) che permettono al lettore di organizzare un proprio percorso di approfondimento. Si parte da nozioni basilari quali il termine Padre, Madre, Figlio, Bambino, Famiglia, Amore, Filiazione, Omogenitorialità, Sessualità, Adozione, Gender e molti altri. Una nuova visione politica pretende di gestire, controllare e normare la sessualità: è in gioco la dialettica tra il soggetto e la collettività, tra il diritto dell’individuo e la “cosa pubblica”. Un certo uso ideologico dello scientismo e delle biotecnologie pretende di sovvertire i concetti che fondano la nostra civiltà: l’identità sessuale, la differenza tra i sessi, la famiglia, la filiazione, la genealogia, gli statuti di padre, di madre e di figlio. Di fatto l’omosessualismo, le adozioni gay, le “famiglie” omogenitoriali, l’”utero in affitto” implicano una mutazione antropologica che chiama in causa lo statuto dell’umano. In nome del modernismo, la visione gender sconfessa i referenti simbolici e identitari che da sempre hanno istituito la civiltà occidentale.


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INFORMAZIONI

Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com
Giancarlo Ricci vive e lavora a Milano. Psicoanalista e psicoterapeuta è Membro Analista dell’Associazione Lacaniana Italiana di psicoanalisi (ALIPSI). Saggista e scrittore, svolge attività pubblicistica. Promuove il laboratorio “Rete di psicanalisi Sigmund Freud”.
Visualizza il mio profilo completo

IL PADRE DOV'ERA

IL PADRE DOV'ERA

INDICE DI "IL PADRE DOV'ERA"

Il padre dov'era. Le omosessualità nella psicanalisi, Sugarco, 2013


Prefazione: Una scommessa


I - SCENARI SOCIALI


Alcuni luoghi comuni

L’omosessualità militata

Quando tutto è possibile

La bandiera dell’ideologia di genere

Breve storia della parola genere

Note sull’omofobia

Malattia o non malattia?

L’immaginario della scienza

Egosintonico o egodistonico

Il DSM e la derubricazione

Non si nasce omosessuali


II - SOGGETTIVITA’


Sofferenza e insofferenza

L’enigma della ferita

Differenza tra i sessi

Etero e omo

Una scelta?

La nuda sessualità

Istigazione all’indifferenza sessuale


III - LE OMOSESSUALITA’


Differenze nell’omosessualità

Nevrosi, psicosi, perversione

Tra la fantasia e l’agito

I tempi della sessuazione

Averlo o non averlo

Omosessualità come sintomo

Paura verso le donne e il femminile

Maschio tutto

L’abuso e il trauma

La pornografia


IV - PER UNA CLINICA DELL’OMOSESSUALITA’


Neonato con braccialetto

Il figlio e il romanzo familiare

Che madri avete avuto

Il padre dov’era?

Identità sessuale

L’autoerotismo

Amato e amante

Orale e anale

Fallo o non fallo

Domanda e cura

Quale guarigione


BIBLIOGRAFIA


L'ATTO LA STORIA

L'ATTO LA STORIA

da L'ATTO LA STORIA

Elogio dell’impotenza

Dove porta tutto ciò? Probabilmente a mostrare qualcosa che molti ormai nella società ipermoderna fanno finta di non vedere: la vanità della potenza, del suo trionfo, dell’illusione di poter governare il reale e addomesticare la differenza. La supponenza dell’Io, notava Freud, è simile a quella del clown Augusto: «L’Io sostiene la parte ridicola del clown Augusto che vuole convincere con i suoi gesti gli spettatori che tutti i cambiamenti avvengono nel circo grazie ai suoi comandi».

Penso non sia facile, nella posizione dell’infallibilità, riconoscere l’impotenza, dichiararla e, ulteriormente, assumerne la responsabilità fino a farsi soggetto all’impotenza. Non è forse, questo atto di Ratzinger, un’indicazione tanto estrema quanto essenziale? Ovvero che l’esperienza dell’impotenza comporta una fecondità preziosa, «un luogo dove ci si ricostituisce come essere umani»? Il nodo è quello della libertà. Sembra paradossale ma è l’esperienza dell’impotenza e del limite a costituire la condizione della libertà. In una dimensione sociale, quella del neoliberismo, in cui tutti pretendono di essere liberi, di trovarsi in una libertà assoluta, ciascuno ritiene di poter fare quello che vuole e quindi nessuno può vietare nulla. Ovvero è legittimo tutto ciò che si può fare. Se lo vieti sei illiberale o sei moralista perché poni un limite alla mia volontà. Tale “libertà immaginaria” porta direttamente a una particolare forma di nichilismo: la libertà, da sola ossia come pure esercizio della scelta, è una forma di distruzione. La “libertà tutta” è il deserto. Le occorre quanto meno, per poter camminare verso qualcosa, un altro appoggio che è la responsabilità.

È cosa minuscola evocare in questo contesto la celebre battuta del padre della psicanalisi secondo cui governare, educare, psicanalizzare sono «mestieri impossibili». Eppure mai come in questa stagione il tema dell’ingovernabilità risulta all’ordine del giorno: nella politica ma anche nel pensiero, nell’informazione e nella coscienza, nella progettualità e nel disegnare l’orizzonte dell’avvenire. Gli antichi direbbero che l’ingovernabilità si è impadronita del “foro esterno” e che ormai dilaga anche nel “foro interno”. L’alterità è così profonda che chiama in causa me stesso, è dentro me stesso. Non siamo più padroni in casa nostra.

L’ingovernabilità va considerata come uno scacco che ha portata ben più ampia di quanto si possa credere. Non è propriamente legata alla contingenza ma rivela una dimensione strutturale. È come un cortocircuito in cui, in un certo senso, la superstizione, che doveva assicurare ai suoi praticanti di poter rimanere superstiti, non funziona più, non garantisce più salvezza dal male o dal disastro. Non ci saranno superstiti, non ci saranno testimoni. Forse il capitalismo si chiama “avanzato” proprio perché è in grado di far sparire i propri scarti, i propri superstiti, i propri testimoni. È un ciclo produttivo autocannibalico.

Dunque cosa sta accadendo? Quale vacillamento è tanto potente da far traballare anche l’infallibile? Era Freud a ricordare più volte che la vera potenza è quella del ritorno del rimosso. E che qualcosa che viene espunto dal simbolico (dalla parola) ritorna dal reale e ci travolge inesorabilmente. Nel cuore del trionfo scientista della nostra epoca, l’uomo Ratzinger pone l’accento sul “sintomo” dell’onnipotenza tecnologica praticando invece l’impotenza.

Beninteso, oggi non c’è solo il fantasma dell’onnipotenza tecnologica a ingombrare il campo, ma diverse e variegate altre forme di onnipotenza: quella della certezza morale, quella narcisistica, quella ideologica, quella dei saperi ben disciplinati, quella delle certezze impeccabili che si esibiscono in alta uniforme. È così difficile capire che la certezza onnipotente è una figura del punto cieco, dello scotoma, della bulimica negazione della differenza?

Di uno spensierato relativismo

Ormai i gadget della tecnologia, così divertenti, ci hanno invaso e stordito. Ecco la potenza dei mercati che conquistano con oggetti, con cose che alla lettera (come indica l’etimo) sono proprio objectus, poste e gettate dinanzi a noi quale pasto per il consumo quotidiano. Ci balocchiamo. Le anime belle, che si dilettano passando di gadget in gadget, non si accorgono che l’enfasi tecnologica promette i migliori mutamenti antropologici. I quali, tra poco anzi pochissimo, saranno a disposizione di tutti, nuova merce tra le merci. Il godimento è assicurato, assegnato a ciascuno come un obbligo. Come una libertà da consumare necessariamente, ovvero come una libertà coatta. Ossimoro, quest’ultimo, che pulsa nella lacerata divisione dell’uomo ipermoderno. Forse più che di divisione si tratta di frammentazione: la libertà immaginata come onnipotenza incontra ben presto la caducità delle scelte, l’effimero gioco in cui il relativismo ripropone e ripete, in tutte le sue varianti, l’impossibilità di mantenere una fermezza etica.


LE RADICI E IL FUTURO

“Lettura impegnativa è quella di Il padre dov’era (SugarCo), il saggio con cui lo psicoanalista Giancarlo Ricci si inserisce nel dibattito sull’omosessualità. La sua è una posizione controcorrente che, attraverso l’individuazione di possibili percorsi terapeutici, si sofferma con insistenza sull’indebolimento del ruolo paterno e, in generale, sul venir meno di un’identità virile chiaramente e serenamente declinata. (Alessandro Zaccuri in “Noi genitori e figli”. Supplemento di Avvenire del 28.4.13)

GLI USI POSTMODERNI DEL SESSO, di Bauman

GLI USI POSTMODERNI DEL SESSO, di Bauman

Sesso e amore. Note di G. Ricci su Bauman

Sesso, erotismo e amore sono collegati e tuttavia separati. Questo il punto di partenza lungo cui si svolgono le incalzanti notazioni di Zygmunt Bauman esposte in un libretto agile e nitido: Gli usi posmoderni del sesso (Il Mulino). Sesso erotismo e amore non possono esistere l’uno senza l’altro, eppure “la loro esistenza si consuma in una guerra perenne per l’indipendenza”. Trattandosi di guerra sappiamo che la parola “gli usi” (del sesso) può facilmente trasformarsi in “abusi”, in qualcosa cioè in cui il sesso e la sessualità sono chiamati a partecipare all’immaginario perversamente consumistico sostenuto dal regime neoliberista. La nostra epoca, che talvolta si compiace di aver staccato il sesso dall’amore o l’erotismo dalla funzione riproduttiva, sembra celebrare il trionfo di un “godimento smarrito”, come diceva Jacques Lacan. O come oggi afferma Massimo Recalcati, quando ribadisce il rischio di “una libertà ridotta a pura volontà di godimento” (Cfr. Il complesso di Telemaco, Feltrinelli).

Libro denso di notazioni mai quanto oggi sul filo dell’attualità. Il noto sociologo si addentra lungo la linea d’ombra di un mutamento antropologico in atto: “La versione tardomoderna o postmoderna dell’erotismo appare senza precedenti, una novità e un vero e proprio salto di qualità. Qui l’erotismo non si allea né con la riproduzione sessuale né con l’amore, reclama la propria indipendenza da entrambi i vicini e rifiuta decisamente ogni responsabilità (...)”.

In questo scenario che Bauman illumina con rigore sullo sfondo appaiono, silenziosi ma ugualmente inquietanti, i temi della biopolitica e della biotecnologia come paradigmi sociali di una società che si fonda su un godimento necessario. Appare anche, come un antico fantasma, il tema dell’immortalità, oggi così corteggiato dallo scientismo: la sua ambizione è di voler instaurare un imperativo del godimento, ossia una metodica dissipazione della “moneta vivente” (Klossowski) in cui il corpo declina verso un’inesorabile distruzione. Il paradosso è davvero inquietante: immortali sì, ma a costo della vita. “La decostruzione postmoderna dell’immortalità - la tendenza a svincolare il presente dal passato e dal futuro - è accompagnata dal divorzio dell’erotismo dalla riproduzione sessuale e dall’amore”. Così, prosegue Bauman, “l’erotismo postmoderno è libero di fluttuare e di innescare reazioni chimiche praticamente con ogni altra specie di sostanza, di alimentarsi ed estrarre la propria linfa da qualsiasi altra emozione o attività umana (...). Solo in questa versione emancipata e distaccata l’erotismo è in grado di veleggiare liberamente sotto il vessillo della ricerca del piacere, senza farsi sviare dai propri propositi o scoraggiare se non da considerazioni di ordine estetico (...)”.

La distinzione tra erotismo, sesso e amore consente allora di reinterrogare il tema dell’identità: “L’erotismo emancipato dai suoi vincoli riproduttivi e amorosi ben si presta a tutto ciò; è come se fosse fatto a misura delle identità multiple, flessibili, evanescenti dell’umanità posmoderna (...)”. L’effetto è il vacillamento dei criteri di giudizio che fino a poco tempo fa erano imprescindibili: "E’ una situazione carica di nevrosi psichiche, tanto più gravi per il fatto che non è più chiaro quale sia la norma e di conseguenza quale tipo di conformità alla norma sia in grado di guarirle”. Se accostiamo quest’ultima notazione al dibattito intorno alla nuova versione del DSM V°, versione che tende a patologizzare ogni soggettività differente, forse possiamo percepire la vertigine del nostro tempo.



ETICA E INFINITO di Levinas

“La politica in effetti deve poter essere sempre controllata e criticata a partire dall’etica. Questa seconda forma di socialità renderebbe giustizia al segreto che rappresenta per ciascuno la propria vita, segreto che scaturisce non da una chiusura che isolerebbe qualche ambito rigorosamente privato di un’interiorità inaccessibile, ma dalla responsabilità per altri. La responsabilità per altri nel suo avvento etico è incedibile, ad essa non ci si può sottrarre, ed è quindi principio di individuazione assoluta” (Emmanuel Lévinas, Etica e infinito, Castelvecchi, p.85)



L'ORIGINE DELL'OMOSESSUALITA' secondo Tony Anatrella

Non si tratta solo di una sfida culturale. E’ in gioco qualcosa di più: una visione antropologica di cui in molti avvertono oggi l’imminente cambiamento di prospettiva. Ci riferiamo alla sessualità, all’identità sessuale, alle relazioni sessuali che la società ipermoderna mescola confusamente in nome della libertà e dei diritti. Così il dato biologico dell’appartenenza a un genere non coincide più con quello sociale, l’istanza soggettiva invade la dimensione sociologica, l’esigenza di riconoscimento si trasforma in diritto. In tale Babele in cui tutto è possibile la teoria del genere costituisce oggi la punta più avanzata.

Ad attraversare queste tematiche e a dipanarne i fili, è Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista, docente a Parigi di filosofia e psicologia. In questo libro LA TEORIA DEL GENERE E L’ORIGINE DELLA OMOSESSUALITA’ (San Paolo, 2012), attraversa con il pregio della chiarezza una serie di tematiche di grande attualità. Si tratta di temi essenziali le cui implicazioni si svolgono a livello sociale, morale, culturale, istituzionale. Che cosa propone la teoria del genere? In linea con il pensiero costruttivista, che “l’uomo e la donna non sono altro che prodotti culturali della società” e che pertanto ciascun soggetto può scegliere a quale genere appartenere, come se simile scelta possa essere disponibile, attuabile, praticabile. Basandosi sulla riduzione della differenza sessuale a uguaglianza, “la teoria del genere - osserva Anatrella - rappresenta la negazione di tutte le differenze. Sostiene anzi che la differenza sessuale non ha alcuna importanza nella famiglia e perfino nell’educazione dei figli (...). Sappiamo invece che tale differenza è essenziale”. Le implicazioni sono vaste e in quanto avallano e giustificano, risultano devastanti: dai matrimoni tra individui dello stesso sesso, alla legittimità di genitori omoparentali, all’idea che eterosessualità, omosessualità e transessualismo siano posti sullo stesso piano, “come se queste manifestazioni fossero tutte della stessa natura e della stessa qualità psicologica e sociale”. (Giancarlo Ricci)


DOVE SI NASCONDE LA SALUTE di Gadamer

A fermare il suo autorevole sguardo di filosofo sulla costellazione chiamata salute è Hans-Georg Gadamer con il libro Dove si nasconde la salute (Cortina Editore). Quasi lo dimenticavamo: ammirando l'avanzamento delle nuove bio o neuro ingegnerie, i miracoli dei trapianti, i risultati di alchimie farmacologiche, abbiamo forse dimenticato l'essenziale: dove si nasconde la salute? Ma che cosa è la salute, come la curiamo, come trattiamo il nostro corpo e la nostra anima? Sono domande cruciali che Hans-Georg Gadamer sviluppa, esplora, interroga. "La cura della salute - afferma - è un fenomeno originario dell'essere umano". E giustamente parla del "guaritore ferito", di quell'antico quanto irrealizzabile sogno di padroneggiare la morte e quindi dominare la vita. Se tale furor sanandi giungesse a compiersi la società sarebbe cartesianamente abitata da macchine viventi, da "replicanti", da esseri bionici. L'anima sarebbe persa nonché mortificata qualora ogni malattia fosse guaribile.

Il libro esplora una serie di temi adiacenti alla salute: dalla medicina come arte al problema dell'intelligenza, dalla corporeità all'esperienza della morte, dall'oggettivabilità medica al concetto di cura e all'importanza del dialogo e della parola. "La salute non si dà a vedere", afferma Gadamer. "E' invece la malattia a manifestarsi come ciò che si oggettiva da sé e che ci viene incontro, ci invade". La coppia malato/sano incomincia a vacillare: i due termini non sono simmetrici, perdono la loro complementarità. Addirittura talvolta la guarigione "clinica" è la produzione di una nuova malattia, più “silente” o più sopportabile della prima. "In verità non è possibile misurare la salute", incalza Gadamer, e mette in guardia dalla super specializzazione, dalla riduzione del malato a un numero, dall'uso indiscriminato di psicofarmaci. "Ma allora che cos'è in realtà la salute, questa condizione misteriosa, che tutti conosciamo e che d'altra parte non conosciamo per niente, perché è così prodigioso essere sani?" Una constatazione: più la malattia viene resa visibile e oggettivabile, più la salute sembra celarsi. Proseguendo in questa direzione incontriamo l'apporto della psicanalisi. Termini come guarigione, salute o normalità acquistano infatti un diverso significato a seconda che si tratti di un ambito medico o psichico. Confonderne i registri, estendere il criterio medicalista al campo psichico, usare i medesimi criteri diagnostici, ha prodotto (come ha notato Michel Foucault) una serie di equivoci. Anche la confusione tra psicoterapia e psicanalisi è l'effetto di un malinteso. Infatti mentre la prima presuppone una finalizzazione della cura, punta all'abolizione del sintomo e pertanto si attiene al principio del ripristino e della riparazione, la psicanalisi invece comporta un lavoro relativo a una trasformazione soggettiva. Del resto mai come oggi infatti assistiamo a una mescolanza tra i saperi e a un'ibridazione di pratiche che ci allontanano da un'effettiva esperienza di verità. Si tratta allora di saper distinguere la complessità teorica, clinica e culturale della psicanalisi da altre pratiche psicologistiche improntate prevalentemente all'empirismo e al pragmaticismo. L’uscita della nuova versione del DSM V dimostra la direzione biopolitica della nostra società, la sua propensione al controllo biomedicale, l’uso sociale e politico del fantasma di salute che viene fatto coincidere con una generica idea di normalità. (Giancarlo Ricci)


LA COPPIA IMPERFETTA di Mariolina Ceriotti Migliaresi

“Non propriamente un saggio di psicologia, di pedagogia o altre scienze umane, ma un libro di avventure”, osserva Claudio Risè nell’Invito alla lettura del libro La coppia imperfetta (Edizioni Ares, Milano 2012). E prosegue: “Mariolina Ceriotti Migliarese, infatti, presenta la coppia per quello che è: una straordinaria avventura”. In effetti questo è un libro particolare. Fin dal titolo: La coppia imperfetta. E fin dal sottotitolo: “E se anche i difetti fossero un ingrediente dell’amore?”. In un’epoca che celebra il trionfo della perfezione, della riuscita, della prestazione, partire dal lato opposto, ossia dai punti di difficoltà e dalle incrinature della relazione tra un uomo e una donna, presuppone un certo coraggio. E un senso della sfida.

Ceriottti Migliarese, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, impegnata presso un servizio territoriale, procede in un racconto che parla della nostra quotidianità e che sfiora, senza enfatizzarle, le tendenze che si affacciano oggi nello scenario sociale e che paiono travolgere il buon senso e la nostra capacità critica. L’avventura è la coppia dunque, o meglio l’incontro e il legame tra un uomo e una donna. La parola incontro qui assume un’accezione forte, inattuale potremmo dire. E’ il legame che sigilla una promessa, una promessa che dovrebbe resistere al tempo e alle difficoltà. Non a caso nel primo capitolo “Per tornare a capirsi” troviamo un’articolazione di alcuni temi che nell’immaginario sociale paiono già preconfezionati: il corpo, la carne, il sesso, la noia, il senso di colpa. Lo sforzo dell’autrice non è quello di definire queste istanze quali entità psicologiche nè, tanto meno, indicare facili soluzioni. Tutt’altro: è un accompagnamento che punta all’intelligenza, a una sana evidenza che accoglie possibili obiezioni, fino, talvolta, a rovesciare alcuni luoghi comuni. proponendo un’altra lettura “per tornare a capirsi”, appunto.

“E’ necessario sapersi muovere nella dimensione del romanzo e non in quella, oggi più comune, del racconto breve: solo nella dimensione lunga è infatti possibile veder emergere poco alla volta la trama complessa che prevede l’entrata in scena di più generazioni”. Il tema della generatività, dei figli, della fecondità, in questa prospettiva, è svolto, oltre che in una dimensione orizzontale ossia nel legame tra un uomo e una donna, nella sua dimensione verticale: il tema delle generazioni, di ciò che si trasmette e si dona. Il titolo della seconda parte è infatti “Il matrimonio è una sfida”. Anche qui i temi affrontati sono quelli più comuni e dibattuti: la differenza tra l’innamoramento e l’amore, la convivenza e il matrimonio, il diventare genitori, il perdono. Anche in questo capitolo l’autrice racconta alcuni casi clinici, non come pure esercizio psicologico, ma per giungere a una semplicità che evidenzia le piccole verità che in una relazione continuamente si annodano e si snodano. L’imperfezione è una fecondità, una linfa vitale. Qualcosa, forse, che non è una minaccia alla relazione, ma la sua scommessa più alta e forte. (Giancarlo Ricci).

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