lunedì 25 dicembre 2017

LA FINE DELLA MADRE? Sul saggio di SCARAFFIA

Pubblichiamo questo testo di Fausto Sesso sul saggio 
La fine della madre di Lucetta Scaraffia (Neri Pozza), 
tratte dal blog  (3.12.17) www.fuoridallemura.it 

«Il padre è costruzione, il padre è artificio: diversamente dalla madre, che continua in campo umano una condizione consolidata e onnipresente ai livelli che contano della vita animale. Anche la madre che oggi conosciamo è, ovviamente, un prodotto della civiltà, ma a partire da un piedistallo biologico. Il padre è programma – forse il primo programma –, è intenzionalità, è volontà (potrebbe corrispondere all’invenzione della volontà?) ed è, quindi, autoimposizione. [...] Rispetto alla madre il padre è molto più insicuro della propria condizione. In pratica, non l’evoluzione animale ma solo la storia (nel senso più vasto, che include la preistoria) e l’esistenza psichica hanno dato al maschio la qualità di padre: ed egli la stringe con più rigidità, diffidenza, aggressività e con meno spontaneità di come la madre stringe la condizione sua. Perché se solo la storia gliel’ha data, la storia se la può riprendere». Sono passati diciassette anni da Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre, fondamentale saggio di Luigi Zoja. E il «piedistallo biologico» che avrebbe dovuto proteggere la Madre dalle mutazioni della Storia pare vacillare. Se il padre è morto, insomma, neppure la madre si sente molto bene. 
A ricordarcelo, fin dal titolo, è il saggio La fine della madre di Lucetta Scaraffia. «Anche le madri – che ricorrono al concepimento in vitro, all’acquisto degli ovuli se non addirittura all’affitto dell’utero – diventano sempre più simili al modello paterno, che prevede un riconoscimento volontario e istituzionale e un ridotto contributo biologico. Mentre la scena della procreazione si fa sempre più affollata perché comprende, oltre ai due genitori, gli eventuali donatori o la donna che affitta l’utero, i medici che compiono le operazioni necessarie e perfino le istituzioni che mediano i rapporti fra i cosiddetti “donatori” con gli aspiranti genitori». Tutto ciò viene comunemente interpretato «come passi in avanti sul piano della libertà individuale e come applicazione pratica delle nuove scoperte delle tecnoscienze. Quasi che sia la libertà individuale, sia il progresso nelle tecnoscienze, fossero processi autonomi, non controllati dagli esseri umani, ma avanzassero spinti dagli eventi, portando quindi l’umanità a esiti fatali e incontrastabili». Siamo, in realtà, di fronte a delle «trasformazioni antropologiche di vasta portata che stanno cambiando radicalmente il nostro modo di essere e le nostre società perché toccano punti nevralgici e profondi della condizione umana, a cominciare dalla generazione». 
E a preoccupare è la prospettiva futura più che la contingenza del presente. «La pratica dell’utero in affitto può essere considerata infatti una prova generale di un progetto di gran lunga peggiore: quello di trasferire la gravidanza in un utero artificiale. [...] All’inizio, per farlo accettare – scrive Atlan – si dirà che serve a evitare aborti, salvare feti abortiti o perfino funzionare da rimedio alla sterilità, poi, ovviamente, potrà essere usato in mille altri modi. Tutti finalizzati a eliminare il rapporto fra una donna e il figlio, tutti tesi a distruggere la relazione materna». In realtà, si comincia già a fare a meno perfino dell’ipocrisia e gli scopi vengono dichiarati esplicitamente. Come dalla genetista Aarathi Prasad nel saggio Storia naturale del concepimento. «Quando l’utero artificiale diventerà disponibile, una distribuzione equa del travaglio (nel senso di parto) sarà finalmente alla nostra portata. [...] Quella madre potrebbe addirittura rinunciare alla gravidanza, lasciando al medico il compito di stabilire le condizioni ideali per lo sviluppo del feto. Lei potrebbe persino continuare a lavorare, come fanno gli uomini, fino al giorno della nascita. Sarebbe il grande livellatore biologico e sociale, un modo realmente nuovo di pensare al sesso». Fino all’estrema frontiera: l’anarchia riproduttiva. «Il genitore single definitivo probabilmente sarà una donna a cui serviranno solo le proprie cellule staminali e un cromosoma Y artificiale per riuscire a produrre ovuli e spermatozoi. Potrebbe fare un figlio usando due ovuli tutti suoi, convertendone uno in pseudo-spermatozoo così da autofecondarsi, come già gli scienziati hanno fatto con i topi». 
«La rivoluzione femminista iniziata nell’Ottocento, al di là di una veste semplicemente emancipazionista, conteneva in germe una grande possibilità: quella di portare i valori femminili nello spazio pubblico, di farli riconoscere validi per tutti per la loro importanza straordinaria e innovativa. [...] Una diversa gerarchia di priorità, che avrebbero potuto seriamente mettere in crisi la società concepita al maschile». È stata «forse l’utopia più alta e più radicale fra quelle germinate – e fallite – nel Novecento». E una della cause del suo fallimento è non aver compreso che, suggerisce Alain Badiou, le donne avrebbero dovuto diffidare, molto più che degli uomini, di ciò che, in fatto di liberazione, veniva loro proposto dal capitale. Così il «traguardo» che oggi il capitalismo propone alle donne è ben poca cosa, come scrive la Scaraffia: «arrivare a ottenere il medesimo potere e il medesimo reddito degli uomini, la loro medesima libertà dal “pericolo” di procreare. Anche a costo di rinunciare alla maternità: alla realtà e al simbolo della maternità». Tutto ciò è promosso, in particolare, dalle vestali del capitalismo, le donne di cultura che – anziché fornire strumenti di consapevolezza – su questo tema si costruiscono, o alimentano, una carriera giornalistica, letteraria, artistica, politica e perfino istituzionale. E su ciò, con la complicità della grande informazione, impera un feroce conformismo che non lascia spazi pubblici di contestazione. Di conseguenza, non c’è tema su cui l’inconsapevolezza, ad ogni livello, sia così assoluta. «Infatti, se si alzano ancora delle proteste da parte di ciò che resta dei movimenti femministi, è per lamentare che le donne non sono ancora abbasta numerose nei ruoli apicali, che spesso il loro salario rimane inferiore». 
Siamo alla fine della madre, dunque? Di sicuro ad essere minacciata, scrive la poetessa e femminista Adrienne Rich, è «l’unica esperienza unificatrice, incontrovertibile, condivisa da tutti, uomini e donne: il periodo trascorso a formarci nel grembo di una donna. Per tutta la vita e persino nella morte conserviamo l’impronta di quella esperienza». 

sabato 2 dicembre 2017

SESSUALITÀ' E GENERE: report pubblicato dalla rivista THE NEW ATLANTIS

Pubblichiamo il report redatto dagli universitari  americani
Lawrence Mayer e Paul McHugh che sul 
"THE NEW ATLANTISJournal of Technology & Society" (autunno 2016)  dedicano un'approfondita ricerca  su sessualità e genere approfondendo le varie implicazioni sia cliniche e soggettive sia sociali e civili. 
La traduzione di Lucia Braghini è autorizzata  
da "The New Atlantis" che ringraziamo. 
Il testo originale inglese è consultabile all'indirizzo: 
http://www.thenewatlantis.com/sexualityandgender

La ricerca (114 pp.) può essere letta in italiano e scaricata cliccando qui:

NOTA DEL CURATORE. Le questioni relative alla sessualità e al genere toccano alcuni degli aspetti più intimi e personali della vita umana. Negli ultimi anni hanno anche vessato la politica americana. Offriamo questo report – scritto dal dr. Lawrence S.Mayer, epidemiologo con formazione in psichiatria, e dal dr. Paul R. McHugh, che può essere definito il più importante psichiatra americano dell’ultimo mezzo secolo – nella speranza di migliorare la comprensione pubblica di tali questioni.  Analizzando le ricerche nel campo delle scienze biologiche, psicologiche e sociali, questo report mostra che alcune delle affermazioni riguardo alla sessualità e al genere che si sentono con maggiore frequenza non sono sostenute da evidenze scientifiche. 

Il report si concentra in modo particolare sui maggiori tassi di problemi di salute mentale tra le popolazioni LGBT, e mette in discussione la base scientifica delle tendenze nel campo dei trattamenti per i bambini che non si identificano con il loro sesso biologico. Si auspica un maggiore impegno per offrire a queste persone la comprensione, la cura e il sostegno di cui hanno bisogno per condurre vite sane e prospere.


Introduzione 

Pochi argomenti sono così complessi e controversi come l'orientamento sessuale e l'identità di genere umani. Queste questioni toccano i nostri pensieri e sentimenti più intimi, e contribuiscono a definirci sia come individui sia come esseri sociali. Le discussioni delle questioni etiche sollevate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere possono diventare accese e personali, e le questioni politiche associate provocano a volte intense controversie. I contendenti, giornalisti e legislatori coinvolti in questi dibattiti invocano spesso l'autorità della scienza, e nei notiziari, sui social media e nella cultura popolare in senso più ampio sentiamo affermazioni su ciò che “dice la scienza” su questi argomenti.
Questo report offre un accurato sommario e una spiegazione aggiornata di molte delle più rigorose conclusioni prodotte dalle scienze biologiche, psicologiche e sociali in relazione all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Esaminiamo un vasto corpus di letteratura scientifica a diverse discipline. Cerchiamo di riconoscere i limiti delle ricerche e di evitare conclusioni premature che porterebbero a una sovrainterpretazione delle risultanze scientifiche. Poiché la relativa letteratura è piena di definizioni incoerenti e ambigue, non esaminiamo soltanto le evidenze empiriche, ma approfondiamo anche i problemi concettuali soggiacenti. Questo report, comunque, non discute questioni etiche o politiche; ci concentriamo sull'evidenza scientifica – cosa mostra e cosa non mostra. 
Cominciamo nella Parte Prima esaminando in modo critico se concetti come eterosessualità, omosessualità e bisessualità rappresentino delle qualità distinte, fisse e biologicamente determinate degli esseri umani. Nell'ambito di questa discussione, prendiamo in considerazione la popolare ipotesi del “nati così”, che postula che l'orientamento sessuale umano sia biologicamente innato; prendiamo in esame le evidenze a supporto di questa affermazione provenienti da varie sottospecialità delle scienze biologiche. Esploriamo le origini evolutive delle attrazioni sessuali, la misura in cui queste attrazioni possono cambiare nel corso del tempo e le complessità inerenti l'integrazione di queste attrazioni nella propria identità sessuale. Attingendo alle evidenze dagli studi sui gemelli e altri tipi di ricerca, esploriamo i fattori genetici, ambientali e ormonali. Esploriamo anche alcune evidenze scientifiche che mettono in relazione le scienze della mente e l'orientamento sessuale. 
Nella Parte Seconda esaminiamo le ricerche sugli esiti di salute rispetto all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Si rileva in modo costante un rischio maggiore di esiti di precaria salute fisica e mentale per le sottopopolazioni lesbiche, gay, bisessuali e transgender rispetto alla popolazione generale. Questi esiti comprendono la depressione, l'ansia, l'abuso di sostanze e, cosa più allarmante, il suicidio. Per esempio, nella subpopolazione transgender statunitense, il tasso di tentativi di suicidi è stimato superiore del 41% rispetto a quello della popolazione generale. Come medici, accademici e scienziati crediamo che le discussioni che seguono in questo report devono essere lette alla luce di questo aspetto di salute pubblica. 
Esaminiamo anche alcune idee che vengono proposte per spiegare questi diversi esiti di salute, compreso il “modello dello stress sociale”. Questa ipotesi – secondo la quale i fattori di stress come lo stigma e il pregiudizio spiegano gran parte delle maggiori sofferenze osservate in queste subpopolazioni – non sembra offrire una spiegazione completa per i differenti esiti. 
Proprio come la Parte Prima analizza la supposizione secondo la quale l'orientamento sessuale è fisso ed ha una base causale biologica, una sezione della Parte Terza esamina questioni simili in riferimento all'identità di genere. Il sesso biologico (le categorie binarie di maschio e femmina) è un aspetto fisso della natura umana, anche se alcuni individui affetti da disturbi dello sviluppo sessuale possono mostrare caratteristiche sessuali ambigue. Di contro, l'identità di genere è un concetto sociale e psicologico non ben definito e le evidenze scientifiche che sia una qualità biologica innata e fissa sono ridotte. 
La Parte Terza prende in esame anche le procedure di riassegnazione sessuale e le prove della loro efficacia nell'alleviare gli esiti di precaria salute mentale sperimentati da molte persone he si identificano come transgender. In confronto alla popolazione generale gli individui transgender che si sono sottoposti all'intervento chirurgico continuano ad esser esposti ad un alto rischio di esiti di precaria salute mentale. 
Un ambito di particolare preoccupazione riguarda gli interventi medici per i giovani non conformi dal punto di vista del genere. Essi vengono sempre più sottoposti a terapie affermative del loro genere percepito, e persino a trattamenti ormonali o modificazioni chirurgiche ad una giovane età. Ma la maggioranza dei bambini che si identificano con un genere non conforme al proprio sesso biologico non si identificheranno più in questo modo quando raggiungeranno l'età adulta. Siamo turbati ed allarmati per la gravità e la irreversibilità di alcuni interventi che vengono attualmente discussi pubblicamente ed utilizzati per i bambini. 
L'orientamento sessuale e l'identità di genere oppongono resistenza ad una spiegazione attraverso semplici teorie. C'è un grande divario tra la sicurezza con la quale si sostengono le opinioni su questi temi e ciò che una sobria valutazione della scienza rivela. Di fronte a questa complessità ed incertezza, è necessario che siamo umili rispetto a quanto conosciamo e quanto non conosciamo.     Riconosciamo senza difficoltà che questo report non è né un'analisi esaustiva dei temi che affronta, né l'ultima parola su di essi. La scienza non è affatto l'unica via per comprendere questi argomenti incredibilmente complessi e sfaccettati; ci sono altre via di saggezza e conoscenza – comprese l'arte, la religione, la filosofia e l'esperienza umana vissuta. E gran parte della nostra conoscenza scientifica in questo ambito rimane non definitiva. Tuttavia, offriamo questo panorama della letteratura scientifica nella speranza che possa fornire un quadro condiviso per una trattazione intelligente, illuminata negli scambi politici, professionali e scientifici – e possa accrescere la nostra capacità, da cittadini preoccupati, di alleviare le sofferenze e promuovere la salute e la prosperità umane. 


sabato 18 novembre 2017

LA RIVOLUZIONE GENDER GLOBALE IN NOME DELLA LIBERTA? Il libro di Gabriele Kuby

Del nuovo libro della saggista e sociologa tedesca 
GABRIELE KUBY, La rivoluzione sessuale globale. 
Distruzione della libertà nel nome della libertà (Sagarco), 
presentiamo il primo paragrafo.
Il volume, tradotto da Roberta Romanello in collaborazione 
con Rina Ceppi-Bettosini, con l'Introduzione 
del Card. Carlo Cafarra,  prefazione di Robert Spaemann e Postfazione di Toni Brandi, è stato tradotto in nove lingue. 

Gabriele Kuby, sociologa, saggista e giornalista tedesca, è relatrice internazionale (Europa, USA, Taiwan, Hong Kong, Australia, Nuova Zelanda) sul tema della rivoluzione sessuale globale. Dopo la sua conversione al cattolicesimo, nel 1997, ha pubblicato undici saggi diffusi 
e tradotti in tutto il mondo, tra cui ricordiamo 
Gender Revolution - Il relativismo in azione (2006). 


DISTRUZIONE DELLA LIBERTÀ
NEL NOME DELLA LIBERTÀ
"L’eccessiva libertà non sembra mutarsi in altro che nell’eccessiva schiavitù, tanto per il singolo quanto per la città. È quindi naturale che la tirannide si formi solo dalla democrazia, ossia che dall’estrema libertà si sviluppi la schiavitù più grave e più feroce". PLATONE (La Repubblica)
La deregolamentazione della sessualità 
Ci troviamo nel bel mezzo di un processo sconcertante: norme fondamentali del comportamento umano, che fino a qualche decennio fa avevano una valenza generale, sono state sospese e ciò che una volta era un bene viene oggi considerato un male. Queste norme riguardano la procreazione umana e l’istituzione universale atta al suo compimento: la famiglia.
Nel 1948 le nazioni sconvolte dalla Seconda Guerra Mondiale formularono la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, che all’articolo 16 afferma: « La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato ». La famiglia nasce dal matrimonio di un uomo e una donna che si impegnano a condividere la propria vita e che sono pronti a crescere ed educare i propri figli. La famiglia esige la monogamia, cioè la fedeltà sessuale tra gli sposi: se la monogamia viene abbandonata come orientamento morale, la famiglia si sfascia. Valori di riferimento, costumi e leggi ancorano questa elevata norma morale alla vita della gente. 
Negli ultimi quarant’anni questi valori, costumi e leggi sono stati smontati. Nelle culture del benessere occidentali il processo iniziò con la rivoluzione studentesca. oggi è il progetto di rivoluzione culturale messo in atto dalle élites di potere: dall’inizio degli anni Settanta una potente lobby – con l’aiuto delle Nazioni unite (ONU), dell’unione Europea (EU) e dei media – si batte per un capovolgimento del sistema valoriale. Il fine è la libertà assoluta, sciolta da qualsiasi limite naturale e morale, dove l’essere umano è inteso come individuo «nudo ». Per una simile libertà assoluta, che si vuole emancipare persino dalla « dittatura della natura », ogni vincolo naturale è un ostacolo da rimuovere; per una libertà così intesa non esiste né bene né male e non esiste normatività. Le armi concrete di questa battaglia sono la decostruzione della bipolarità sessuale, il sovvertimento delle norme sociali e della mentalità della popolazione, in particolare dei giovani, nonché la totale equiparazione legale delle relazioni omosessuali al matrimonio, fino ad arrivare all’ostracismo sociale e alla criminalizzazione giuridica di chi si oppone a questo processo. 


Il processo sorprende perché questo « uomo nuovo », e la conseguente dissoluzione di ogni sistema normativo, hanno assunto carattere di priorità operativa per le Nazioni unite, per l’unione Europea e per altri Stati indipendenti, sebbene questa strategia di rivoluzione culturale non contribuisca in alcun modo a risolvere i grandi problemi che affliggono il nostro tempo. Al contrario! L’epocale svolta demografica scardinerà la struttura sociale dell’Europa: negli ultimi quarant’anni, nella maggior parte dei Paesi europei, i tassi di natalità sono scesi molto al di sotto del livello di ricambio generazionale. Nella misura in cui questi Paesi cercano di colmare il deficit con l’immigrazione, essi compromettono la loro stessa cultura. Una politica orientata al bene comune dovrebbe dare priorità alle politiche sociali volte al rafforzamento della famiglia, invece che promuovere – mettendosi al servizio di piccole minoranze – la deregolamentazione delle norme sessuali, depredando la famiglia dei suoi valori fondanti. 
Questo processo sorprende anche perché distrugge le premesse che hanno dato origine all’alta cultura europea, un modello di successo per il mondo intero. Fino a qualche decennio fa questa cultura aveva un fondamento cristiano: il cristianesimo fornì le basi morali che furono tramandate di generazione in generazione. L’essenza di questa cultura è costituita dalle scelte operate dai nostri antenati per il bene e il vero, decisioni che in ogni tempo hanno richiesto abnegazione e sacrificio da parte del singolo. Violenti e prepotenti dominatori, guerre, chierici corrotti e persino i tremendi sistemi di terrore ateo del ventesimo secolo non sono riusciti a sradicare la cultura cristiana. Furono le famiglie che – con fatica – non solo resero possibile la sopravvivenza, ma tramandarono questa cultura nelle condizioni più avverse. Dopo ogni catastrofe il germoglio della cristianità tornava a rifiorire, fino ad arrivare all’unificazione dell’Europa, basata sui nobili valori dei suoi fondatori cristiani. 
Ciò che accade oggi va più in profondità. Non si tratta della ditta- tura del proletariato o della dittatura di una razza superiore; i regimi di terrore erano riconoscibili come oppressori e potevano essere abbattuti in dodici o settant’anni, a seconda dei casi. oggi l’assalto è indirizzato alla più intima struttura morale dell’uomo, quella che rende l’uomo capace di libertà. La scure è posta alla radice. 
La premessa dalla quale parte questo libro è che il dono meraviglioso della sessualità debba essere coltivato per rendere gli uomini capaci di vivere con successo le relazioni e la vita stessa. 
Al contrario, la volgare esternazione di qualsivoglia desiderio distrugge la persona e la cultura. un uomo sessualizzato sin dall’infanzia impara « che è bene vivere in modo spontaneo tutti i desideri ed è male porre dei limiti agli stessi ». Egli sfrutta il proprio corpo e quello degli altri per soddisfare i propri impulsi sessuali e non per esprimere amore. Questo impulso è potente, poiché è preposto alla continuazione della specie umana; chi non impara a coltivarlo affinché diventi espressione d’amore, aperto alla vita, ne viene dominato, perde la propria libertà e non sente più la voce della propria coscienza. La persona perde la capacità di amare, di legarsi e perde il desiderio di trasmettere a sua volta il dono della vita. Diventa incapace di impegnarsi culturalmente, si ammala psichicamente e fisicamente, perde il desiderio e la capacità di conservare la propria cultura creando così i presupposti per il sopravvento di un’altra cultura più vitale. 
Il concetto cristiano che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio fu il fondamento dell’inalienabile dignità di ogni persona e gettò le basi per l’idea di Stato e di società costituiti sul principio di libertà. Lo straordinario progresso scientifico e tecnologico deve all’alta cultura plasmata dal cristianesimo il suo vincolo nei confronti della ragione e della verità, che favorì la ricerca scientifica oggettiva e libera da preconcetti. 
Ma il riconoscimento di Dio creatore, l’inalienabilità della dignità umana, la validità universale dei valori morali e la ricerca della verità, libera da ogni ideologia, sono oggi sotto assedio. 
Le conseguenze sono drammatiche: molti uomini non vogliono più trasmettere la vita che loro stessi hanno ricevuto; le famiglie sono disgregate, il livello di prestazione delle giovani generazioni è in calo, il venti per cento dei quindicenni è incapace di comprendere ciò che legge, sempre più bambini e giovani soffrono di disordini psicologici; il diritto alla vita dei bambini concepiti, dei disabili e degli anzia- ni non viene più protetto; la libertà religiosa, la libertà scientifica, la libertà di espressione e la libertà di ricerca sono compromesse. 
Tutto questo accade nel nome di un’ideologia che nega il fatto che l’essere umano esiste come uomo e come donna, che questa polarità plasma la sua identità e che è la condizione per la riproduzione della razza umana (le anomalie psichiche e fisiche non cambiano questo dato di fatto). Mai prima d’ora era stata diffusa un’ideologia che vuole distruggere l’identità sessuata dell’uomo e della donna e ogni norma etica relativa al comportamento sessuale. L’ideologia in questione si chiama gender mainstreaming
Esistono molteplici altri fattori alla base del drammatico cambia- mento in atto: ecologici, economici, tecnico-scientifici, ma nessuno di questi fattori mira strategicamente alla radice del genere umano, alla sua identità come uomo e donna, consegnando il singolo in balia degli insaziabili impulsi sessuali svincolati da qualsiasi norma etica. 
La creazione di sistemi ideologici che provocarono immani distruzioni e che costarono la vita a milioni di persone era stata, fino ad oggi, una prerogativa maschile. L’ideologia gender è stata ideata e viene promossa dalle femministe radicali, con conseguenze future inimmaginabili. Molte culture si sono sgretolate per degenerazione morale; ma che la degenerazione morale venga imposta con mezzi politici e culturali, questa è una novità. 

mercoledì 11 ottobre 2017

RICERCHE SULL'OMOGENITORIALITA'

Intervista al sociologo americano PaulSullins 
che in un suo testo  compie un'analisi critica 
delle ricerche sui figli delle coppie omogenitoriali. 
L'intervista, a cura di Luciano Moia è apparsa su L'Avvenire (3.10.2017) in occasione di un Seminario alla Cattolica e dell'uscita del libro di 
Elena Canzi, Omogenitorialità, filiazione e dintorni 
(presentazione di Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli), 
edito da Vita e Pensiero, Milano 2017. 




L’analisi attenta e senza pregiudizi delle circa 75 ricerche realizzate soprattutto negli Stati Uniti sui figli di genitori omosessuali mostra che la tesi della "nessuna differenza" è scientificamente infondata. «I figli di genitori omosessuali hanno il doppio delle probabilità di sviluppare problematiche emotive – depressione e ansia – rispetto agli altri bambini». Lo afferma Paul Sullins, docente di sociologia alla Catholic University of America di Washington, considerato tra i massimi studiosi del tema, autore di importanti studi sul tema dell’adattamento dei figli di coppie omosessuali, intervenuto nei giorni scorsi a un seminario organizzato all’Università Cattolica di Milano.




In Italia, anche a livello scientifico, è quasi impossibile discutere con moderazione sul tema dell’omogenitorialità. Chi solleva dubbi circa la tesi secondo cui i bambini dei genitori dello stesso sesso non mostrano problemi di sviluppo, è facilmente accusato di omofobia. Succede lo stesso negli Stati Uniti?


Penso che noi, che riconosciamo la presenza di problemi nello sviluppo di figli di coppie omosessuali, siamo sovente accusati di omofobia perché le prove in questa direzione sono talmente forti che coloro che ingenuamente accettano la tesi opposta avrebbero altrimenti ben pochi argomenti. Dobbiamo ricordare che molti, probabilmente la maggior parte, degli scienziati in questo campo sono essi stessi omosessuali e rispondono a livello emotivo e personale. Forse sono stati, a propria volta, oggetto di stigmatizzazione per il proprio orientamento sessuale. Quando mostriamo loro delle prove a sostegno delle difficoltà affrontate da queste famiglie, stiamo dunque loro chiedendo di affrontare una verità difficile.

La maggior parte della letteratura scientifica afferma che non esistono differenze tra i bambini di genitori dello stesso sesso e figli di genitori eterosessuali. È proprio così?

La tesi secondo la quale non ci sarebbero differenze tra i figli di famiglie omo ed eterosessuali è una pura invenzione, senza alcun fondamento scientifico. Ci sono due problemi principali nei circa 75 studi su cui tale tesi è fondata. Innanzitutto, la possibilità di trarre inferenze scientifiche si basa sull’utilizzo di campioni casuali accuratamente selezionati ma la maggior parte degli studi (almeno 70) non fa uso di un campione casuale. Al contrario, i partecipanti a questi studi vengono selezionati tra i membri attivi di gruppi a supporto della genitorialità gay.

Quali problemi dal punto di vista metodologico?


La maggior parte delle ricerche conta su meno di 40 partecipanti. Secondariamente, nessuno dei quattro o cinque studi che fanno uso di un campione casuale ha identificato direttamente le coppie omosessuali ma si è invece basato su un calcolo che, come abbiamo appurato, classifica erroneamente le coppie eterosessuali come omosessuali, sovrastimandone così il numero.

Riferendosi ai suoi studi, quali sono le difficoltà più comuni riscontrate nei bambini dei genitori dello stesso sesso?

I figli di genitori omosessuali hanno il doppio delle probabilità di sviluppare problematiche emotive – depressione e ansia – rispetto agli altri bambini. Ho potuto riscontrare risultati analoghi in molte mie ricerche che usavano database diversi e anche altri studiosi sono giunti a conclusioni simili, anche mediante studi longitudinali, che hanno seguito i bambini per oltre 20 anni.

Possiamo attribuire queste difficoltà alla stigmatizzazione da parte della società nei confronti delle persone omosessuali?

La stigmatizzazione è indubbiamente un problema ma non è un problema più grave per i figli di coppie gay né è in grado di spiegarne la maggior vulnerabilità. Ciò non significa in alcun modo che la stigmatizzazione sia accettabile. In tal senso, dobbiamo impegnarci per ridurre gli episodi di bullismo e vittimizzazione che costituiscono un problema grave per molti bambini, inclusi i figli di coppie gay.

Si sentirebbe di sostenere l’approvazione di leggi che permettono l’adozione da parte di genitori dello stesso sesso?

In generale no, ma credo possano sempre esserci delle eccezioni. Non credo che i risultati della mia ricerca possano diventare un punto a favore dell’adozione da parte di coppie omosessuali, dal momento che i figli di coppie adottive fanno già esperienza di maggiori difficoltà emotive. Dovremmo però chiederci qual è il superiore interesse del bambino. Dal momento che è cinquanta volte più probabile che un bambino sia eterosessuale piuttosto che omosessuale, il superiore interesse del bambino dovrebbe risiedere nel suo affidamento ad una coppia eterosessuale.

Una regola da rispettare in qualunque situazione?

No, non dovrebbe essere applicata in maniera rigida o automatica, fondata su ideologie politiche, di qualunque colore esse siano. Quando si prende in considerazione l’adozione da parte di un individuo omosessuale, occorre distinguere tra l’adozione da parte di due genitori – in cui due persone, nessuna delle quali legata al bambino da rapporti di parentela, chiedono allo stesso tempo di diventare legalmente genitori di un minore – e l’adozione da parte di un solo genitore, in cui il partner di uno dei genitori biologici del bambino chiede di poterlo adottare. Posso immaginare casi in cui permettere questo secondo caso (l’adozione da parte di un genitore) possa rappresentare l’interesse del bambino, ad esempio quando non è possibile ottenere supporto materiale e morale da parte dell’altro genitore naturale.

L'INCONTRO (a cura di Monica Accordini)

Presentata alla Cattolica la ricerca che prende in esame gli studi sul tema
«Omogenitorialità e filiazione» è stato il titolo del seminario internazionale organizzato nei giorni scorsi all’Università cattolica di Milano. L’iniziativa, realizzata dal Centro di ateneo Studi e ricerche sulla famiglia diretto da Giovanna Rossi – che ha introdotto la giornata – è stata pensata per presentare il testo di Elena Canzi, "Omogenitorialità, filiazione e dintorni. Un’analisi critica delle ricerche" (Vita e pensiero", pag.120, euro 15) ed è stata impostata sulla lectio di Paul Sullins (Catholic University of America di Washington) che parlato sui "Risultati dello sviluppo per i figli di genitori dello stesso sesso: quello che sappiamo, e quello che non sappiamo". Per la presentazione del testo, oltre alla stessa autrice, sono interventi Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, già docenti di psicologia nello stesso ateneo, che hanno scritto l’introduzione al saggio, di fatto la prima analisi critica pubblicata in Italia sulle ricerche che si occupano di figli di coppie omosessuali (ne abbiamo anticipato ampi stralci sul numero di "Noi famiglia & vita" di luglio): «Dal corpus delle ricerche presentate – hanno sottolineato tra l’altro i due esperti – risulta di tutta evidenza la forzatura della tesi della "non differenza"... A un livello più "meta" di riflessione empirica abbiamo rilevato la scorrettezza epistemologica prima che empirica sulla capacità della ricerca di "dimostrare" una tesi di così ampia portata». Riflessioni di grande interesse anche a proposito delle sensazioni sperimentate dai figli di genitori omosessuali: «Sono soprattutto i genitori dei figli a fornirci elementi per poter comprendere alcuni aspetti dei loro vissuti. Essi si sentono in difficoltà coi coetanei per timore che giudichino male la loro famiglia... e sappiamo quanto questo tasto sia delicato in particolare per i soggetti in crescita».

martedì 20 giugno 2017

IL CASO RICCI E LA LIBERTA' DI PAROLA

A partire dal caso Ricci, oggetto di un provvedimento disciplinare da parte dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia, si è aperto un dibattito sulla libertà di pensiero e di espressione.
Intorno alla vicenda è sorto un blog che raccoglie documenti, articoli della stampa, le accuse, l'interrogazione parlamentare, i messaggi di solidarietà. Per visitare il blog vai a: http://www.iostocongiancarloricci.it



La piattaforma CitizenGo ha aperto una sottoscrizione di firme proprio per sottolineare nel disagio della contemporaneità l'urgenza di una parola e di un pensiero che possano essere svincolate da retaggi ideologici.